A partire dal Referendum del 1946, un clima intriso di diffidenza e sarcasmo circonda le donne che varcano la soglia della politica istituzionale fino ad allora connotata al maschile. È anche per questo che i partiti e i periodici che parlano alle famiglie propongono immagini di dirigenti politiche ritratte nell’intimità dello spazio domestico, sorridenti davanti all’acquaio, ai fornelli o mentre utilizzano l’aspirapolvere nel duplice intento di stimolare un paternalistico rispetto e ricondurre nell’alveo della tradizione una scelta di vita inconsueta per la società italiana del dopoguerra. La satira rispolvera il cliché della “donna che dovrebbe tornare a fare la calza”. Una rappresentazione questa della deputata-casalinga dominante nell’immediato dopoguerra, quando i richiami alla ricomposizione dei legami spezzati dalla guerra ha una decisa risonanza e fa pendant con il rispetto (e il ritorno) ai tradizionali ruoli di genere. A partire dai primi anni Cinquanta, anche in virtù de processi di modernizzazione che vedono affacciarsi seppure a fatica nuovi modelli e stili di vita, il “privato” delle parlamentari non riguarda solo lo spazio domestico, ma le vacanze, gli interessi culturali e gli svaghi.
Anche gli uomini politici vengono rappresentati spesso all’interno di una cornice familiare ma lo scopo è diverso, si propone l’immagine dell’austero dirigente, quasi sempre appartenente ai partiti di governo, mentre si gode un meritato riposo tra la moglie e i figli, all’interno delle mura domestiche o in giardino oppure in vacanza. Pause brevissime e sobrie, la mente del politico è sempre rivolta alla gestione della cosa pubblica anche quando viene colto in un momento conviviale, come al tavolo di un ristorante.