Per le donne che studiavano od insegnavano finì la lunga stagione della disinformazione di quanto avveniva culturalmente oltre frontiera e lo stupido orgoglio inculcato esclusivamente per tutto ciò che fosse culturalmente italiano. Il giornale delle insegnanti “I diritti della scuola” che aveva invitato tutte le abbonate a chiedere alla Redazione l’indirizzo di un’amica straniera con la quale corrispondere, si vide sommerso da una valanga di richieste accompagnate da parole di interesse, speranza e gratitudine per l’iniziativa. Sembrava che per le insegnanti ciociare ed i loro alunni si fosse finalmente spalancata una finestra sul mondo!
La crisi lenta dell’Enfiteusi e della Mezzadria in Ciociaria liberavano, con la stessa lentezza, da una situazione di pesante oppressione le giovani donne che lavoravano la terra come o più degli uomini. Quelle che avevano acquisito delle competenze lavorative, mentre gli uomini erano al fronte, pretendevano il lavoro con più coraggio. Esse tendevano d’affrancarsi dagli uomini di famiglia per poter contare finalmente su una retribuzione reale direttamente percepita. Andava così diminuendo il lavoro obbligatorio e non remunerato all’interno del nucleo familiare e si affermava il lavoro per libera scelta (padre, fratelli e marito permettendo). Cresceva, di conseguenza, nelle donne la consapevolezza e l’orgoglio delle loro capacità individuali e dell’indipendenza economica raggiunta anche se le remunerazioni erano ancora ingiustamente minori di quelle degli uomini. Purtroppo le donne che conquistavano, con caparbietà, un titolo di studio si vedevano sbarrare il passo dagli uomini nei pubblici impieghi.
Fino al 1953 esse erano escluse, ad esempio, dalle carriere dirigenziali pubbliche (e private) e la Cassazione, sempre nel 1953, le escludeva addirittura dalle giurie popolari.
Nei primi livelli della carriera giudiziaria (uditori) esse furono escluse da ben 12 concorsi.