Pinuccio aveva iniziato a frequentare la prima classe elementare nell’ottobre del 1946, tre mesi prima che papà morisse. Nella mia famiglia la scuola è sempre stata tenuta in grande considerazione e mio fratello, nel nuovo ruolo di scolaro, era stato seguito (ahimè, solo per poco!) con molta attenzione da papà. Lui sapeva bene quanto l’ignoranza inchiodasse all’arretratezza, impedendo progresso e libertà. Lui, che viveva fra braccianti e contadini analfabeti, aveva chiaro quanto per i “senza scuola” fosse difficile far valere i propri diritti. Diceva spesso: “I libbra sunnu labbra”. E proprio per questo vedeva l’avvenire dei suoi figli nella scuola e nello studio. All’amore di papà per la cultura aveva contribuito l’ambiente familiare. La nonna paterna, che era arrivata alla licenza di sesta elementare, aveva insegnato a tanta gente del paese a mettere la propria firma e spesso leggeva o scriveva lettere per i numerosi analfabeti che si rivolgevano a lei. Papà dunque si faceva insegnante dei suoi figli, cominciando da Pinuccio che lui assisteva nell’esecuzione di aste, quadratini e numeri. Quando papà morì, quella guida sollecita e amorevole venne meno e mio fratello si trovò solo e disorientato, anche come scolaro, senza un punto di riferimento. La scuola non lo interessò più e, da attento e scrupoloso che era, divenne distratto e svogliato.