Un altro splendido ricordo è quello riferito al mio, primo ed unico, incontro personale con Giuseppe Di Vittorio che avvenne nel ristorante “Borio” al ponte di Camaione sulla strada che da Firenze porta ad Empoli. Quel pomeriggio Di Vittorio aveva tenuto un memorabile comizio alla folla sterminata che gremiva la Galleria degli Uffizi e P.zza Signoria di Firenze. Avevo dunque sentito parlare un uomo vigorosissimo ed affascinante che aveva fatto andare in estasi i lavoratori che erano li per protestare contro un accordo “separato” che, a livello nazionale, era stato fatto e firmato dalla CISL e dalla UIL che – anche allora – rappresentavano una minoranza del mondo sindacale e del lavoro. Dopo la cena presso il menzionato ristorante “Borio” lo stesso Di Vittorio, già stremato da quel grande comizio che durò due ore, doveva parlare in P.zza Gramsci di Empoli sui problemi riguardanti la grave crisi delle Vetrerie e poi dopo quell’ennesimo comizio ricevere in Comune i rappresentanti delle fabbriche in crisi. Al ristorante Di Vittorio mi apparve terribilmente stanco; non cenò e, contrariamente al suo carattere amabile ed espansivo, pronunciò solo poche parole di forzata circostanza. A me, dunque, fece una grande impressione.
Il ritmo di lavoro di questo uomo eccezionale (anche per il suo carattere profondamente umano) di questo indimenticabile dirigente sindacale incominciò a preoccuparmi anche perché – con alcune parole che mi sono restate impresse nella memoria – egli confessò l’insopportabilità di quell’infernale ritmo di lavoro: disse, infatti a Vinicio Bonistalli, Segretario della Camera di lavoro di Empoli che si presentò al citato ristorante, “fate male ad approfittare del fatto che io, quando si tratta di difendere i lavoratori, non so mai dire di no”.
Pochi anni dopo, infatti, Di Vittorio fu colpito da grave infarto che poi lo portò rapidamente alla prematura morte.