Dei problemi specifici delle donne, della loro emancipazione, degli aspetti sociali del lavoro femminile, dei problemi della famiglia e dell’infanzia, si occupava la Commissione Femminile che aveva i suoi uffici al terzo piano di Botteghe Oscure e dove lavorava un consistente gruppo di compagne sotto la guida di dirigenti dotate di notevoli capacità politiche e grande combattività, come Rita Montagnana e poi Nilde Iotti, Adriana Seroni, Marisa Cinciari Rodano, Giglia Tedesco fino, in tempi più recenti, a Livia Turco e tante altre; eppure erano poche le donne presenti nel Comitato Centrale, in Direzione l’unica presenza rosa era costituita dalla responsabile pro-tempore della Commissione Femminile, mentre tutti i segretari regionali e provinciali del Partito erano rigorosamente maschi. Non si trattava certo di una discriminazione intenzionale, che anzi in teoria veniva aspramente avversata, ma nella pratica pregiudizi duri a morire e la presunzione di una ridotta disponibilità delle donne, da sempre costrette al doppio lavoro, a fronteggiare gli impegni gravosi della milizia politica attiva creavano una situazione che, ad onta delle volontà espresse, non si riusciva a modificare.