Dopo questi sei mesi di esperienza mi hanno chiamato a dirigere la commissione femminile del Partito Comunista, a Reggio. Però io non avevo nessuna esperienza, mi trovavo a disagio; la vita politica l’avevo fatta quei sei mesi, su avevo fatto la vita militare, la vita che si chiedeva come partigiano.
Lassù c’avevano fatto delle lezioni, venivano i compagni cercavano di spiegarci perché la lotta; ad esempio discutevamo dell’amministrazione comunale io ho chiesto che differenza c’è tra il sindaco e il podestà, perché francamente io non la sapevo; la propaganda fascista era solo propaganda, erano solo frasi fatte, cioè non avevi nemmeno la possibilità di raffrontare quello che pensavi. E noi donne poi eravamo di un’ignoranza spaventosa e ci aiutavano praticamente a capire. Però, quello che è costato! Perché poi eri piena di dignità e di orgoglio, io mica ci tenevo a fare una cosa sbagliata, il che significava che di giorno lavoravi e di notte studiavi. C’è stato il passaggio tra il modo di studiare a scuola e il modo di studiare il materiale che ti veniva dato dal partito. All’anima l’articolo di Togliatti! Io me lo sono letto, l’ho imparato a memoria, e poi ho capito che non andava bene; allora ho imparato a discuterlo con gli altri. Mettendo a raffronto le cose che riuscivi a leggere, riuscivi anche a capirle a afferrarle, diventavano una tua proprietà e allora con più facilità potevi andare a parlare. […] Quando per tanti anni ti sei sentita dire: “taci che sei una donna”, a prendere la parola per esprimere il tuo parere hai sempre paura di sbagliare; allora non parli neanche quando devi parlare.