Io continuavo a frequentare la parrocchia, ma c’erano ora tante altre iniziative di carattere politico, sindacale, giovanile che io, anche grazie alle mie amiche braccianti cominciai a frequentare. In quel periodo era sorta in me una sensazione, non mi riesce di trovare la parola giusta per spiegarla: potevo usufruire di tante opportunità, di benefici (pace, libertà, ecc.) senza aver contribuito a conquistarle. Mi sentivo come di avere un debito che non avrei mai potuto pagare. Ne parlai un giorno con una ex staffetta partigiana la quale mi disse in sostanza che la mia preoccupazione non aveva motivo di essere, che c’era ancora tanto da fare e che avrei potuto sdebitarmi certamente.
Dalla resistenza emerse una nuova classe dirigente nel nostro paese. La Costituzione che ne emerse fu ed è tuttora una delle più democratiche attualmente esistenti. Fu riconosciuto il diritto di voto anche alle donne e questo fu uno degli eventi che servi per dare più impulso al riconoscimento dei nostri diritti. Non solo le donne potevano votare, ma anche essere elette e portare direttamente in Parlamento le nostre proposte non solo inerenti al diritto al lavoro, all’istruzione. Allora quando si celebrava un matrimonio venivano informati i contraenti dei diritti e dei doveri che si assumevano: “il marito è il capo della famiglia, la donna deve seguire il marito ovunque questo intenda fissare la propria dimora, finché morte non vi separi”. Il fatto che una ragazza siciliana si rifiutasse di accettare un matrimonio cosiddetto riparatore con colui che l’aveva stuprata apparì a grandi lettere su tutti i giornali, il fatto che lo stupro sia riconosciuto reato non è cosa da poco. Il divorzio (e non l’uxoricidio), la maternità libera e consapevole, le pari opportunità, non sono stati regali. Io non ho potuto continuare gli studi perché in famiglia c’era bisogno della mia presenza ma per le leggi di allora la mia partecipazione alla produzione del reddito famigliare era considerato a partire dai 16 anni, mentre quello dei maschi partiva dai 14 anni.
Man mano che frequentavo le riunioni, le manifestazioni, che leggevo altri giornali, altri libri, non più soltanto “vita femminile” dell’azione cattolica, cominciavo a capire: la Resistenza non aveva soltanto come obiettivo la fine della guerra, e dopo tutto come prima. Molte cose dovevano cambiare e cambiare in meglio.
Perché ciò si avverasse occorreva la partecipazione di tutti.
Partecipavo con passione. Ah, quante cose non sapevo! Di quante parole che venivano utilizzate nei discorsi, mi capitava di leggere in qualche libro non conoscevo il significato. Alla prima festa dell’Unità che si fece al mio paese comprai due volumetti de “L’Universale economica”: “Il tartufo” e “A proposito di dialettica e di materialismo”: Col primo mi trovai bene, ma col secondo….. Che ne sapevo io di super sfruttamento, di plusvalore e altre diavolerie simili? Eppure erano scritte in italiano. Mi resi conto di quanta ignoranza albergava in me. Non mi scoraggiai, non ero certo l’unica. Ebbi la possibilità di leggere altri libri meno complicati come il “tallone di ferro – sulla via della libertà”, giornali come “Noi donne” ecc così piano piano incominciai a capire meglio i discorsi degli oratori durante i comizi alle manifestazioni, o alle riunioni locali o comunali.