Un giorno, Gianni Rodari ebbe un’idea folgorante.
“Siamo in tanti – disse – veniamo da tutte le parti d’Italia. Se ognuno di noi si concentra, possiamo mettere insieme un ricchissimo lessico: come viene chiamata, nei vari dialetti, quella magnifica cosa che ogni donna ha fra le sue gambe?”.
“Un mignotta-lexikon”, disse prontamente Quinto Bonazzola.
“Bravo, hai quasi afferrato il concetto”.
E così partirono in quattro o cinque. Rodari, Foscanelli, Conoscente, Augusto Pancaldi (scortati da la Pecheronza) e cominciarono il giro ufficio per ufficio.
“Come si chiama, al tuo paese, quella cosa che si trova fra le gambe…”; quattro ore dopo, il “mignotta-lexikon” aveva già raggiunto quota duecentottanta. Cioé duecentottanta modi diversi di chiamare quella cosa là. La voce si era sparsa e non c’era più bisogno di girare. Venivano volontariamente in cronaca dagli uffici dell’amministrazione, dai correttori, dagli speditori, dalla tipografia, per contribuire all’arricchimento del nuovo lessico. Parteciparono con entusiasmo e trasporto anche alcuni visitatori occasionali.
“Ce l’avete mona?”.
“Oh, la Madonna: vuoi che non abbiamo mona?”.
La Pecheronza era trionfante, anche perché aveva contribuito alla raccolta con due o tre preziose definizioni, fra cui “Bagaia”. Che in mantovano è tutto e significa tutto e niente nello stesso tempo; e quindi può essere anche quella cosa là molto femminile. La Bagaia appunto.
Quando arrivammo a duecentottantasette, entrò in cronaca Davide Lajolo, che era vicedirettore del giornale. Aveva il mezzo sigaro incollato in bocca; sempre così quando voleva fare il duro.
“Rodari e Conoscente – disse con voce che prometteva poco di buono – è vero che state raccogliendo una collezione di nomi particolari?”.
“Verissimo”, disse Conoscente.
“E non vi pare di avere esagerato? Non vi pare che in questo giornale vi siano tante cose serie da fare?”.
“Hai ragione – rispose Rodari che, nelle grandi occasioni, sfoderava una Faccia-tira-pugni da fare impressione – in questo giornale si fanno sempre cose serie. Basti pensare che a questa raccolta hanno contribuito due o tre poeti di fama nazionale, almeno altrettanti scrittori, due professori universitari, due musicisti, quattro pittori e poi una vera folla di popolo: operai, autisti, deputati, fattorini, fotografi…”.
“Basta – disse Lajolo – dov’è lo scritto?”.
“Eccolo”, disse prontamente Rodari, raccogliendo i fogli sul tavolo. Lajolo mise insieme i fogli e cominciò a leggere.
“Al mio paese, Vinchio d’Asti – disse – si chiama anche…”.