Ad un certo punto arrivò Enrico Berlinguer, Segretario Nazionale della F.IG.C., circondato da un grande rispetto e la riunione ebbe inizio. Non avendo dimenticato il gusto provato a dipingere ritratti secondo una visione tra il surrealista e il romantico, come vidi Berlinguer mi si presentò l’immagine di un violinista che accompagna con la testa i movimenti dell’arco mentre il ciuffo ribelle ricade sulla fronte.
Per fortuna nel corso della riunione molti chiesero la parola (gli emiliani avevano un mucchio di cose da raccontare) e non ci fu tempo per il mio intervento. Concluse Berlinguer. Ricordò come il movimento cattolico portasse la massima attenzione ai giovani fin dai primi anni: molteplici le iniziative per i ragazzi e con ragazzi, mentre il movimento operaio ad eccezione di poche regioni era assente. “Noi assistiamo loro educano” sottolineò con forza. Ripensando alle molte campagne svolte dall’Unione Donne Italiane nel dopoguerra per l’assistenza all’infanzia, non potevo dargli torto.
Da Berlinguer venne un incoraggiamento a dedicarci con slancio ai problemi dell’educazione, dando vita a tante iniziative per il tempo libero del ragazzi, settore in cui avevamo la possibilità di incidere con l’appoggio delle Cooperative e delle Amministrazioni rosse. In chiusura citò Lenin: “Non si costruisce un grattacielo sulla capocchia di uno spillo, dobbiamo lavorare con costanza per realizzare i nostri sogni”.
Ricevetti l’impressione di una forte personalità, molto convinta delle cose che diceva. Il sogno, diventato anche il mio, era il SOCIALISMO che noi identificavamo con una società in cui a ciascuno fosse data la possibilità di realizzarsi in un disegno di interesse collettivo e solidale, di lavorare, di vivere di lavoro senza sfruttare gli altri. Ho sempre ricordato la citazione di Berlinguer.
Ebbi occasione di vedere Berlinguer da vicino negli anni 70 quando ricopriva la carica di Segretario Nazionale del Partito. Fu d’estate, a Stintino, dove trascorreva le vacanze con la famiglia, quando gli rese visita Antonello Trombadori. Accompagnavano Antonello Ernesto, Wando Aldrovandi, ed io. […] Berlinguer aspettò i visitatori, tenendo per mano due dei suoi bambini, sulla soglia della modestissima casa che abitava con la moglie e i figli. Si scusò di non farli entrare perché la casa era piccola, invitò, per la sera, tutti a cena nel villino della zia Siglienti e, prima, venne con noi a fare una passeggiata lungo le scogliere della sua Stintino.
A cena parlò poco, in compenso, durante la passeggiata, il suo volto era animato e sorridente, saltava come un ragazzo sugli scogli raccogliendo sassi e conchiglie che ci regalò: le conserviamo ancora, su un piccolo tavolino di cristallo in stanza da pranzo. Si trovano allineate insieme ad altri oggetti ricordo. In questa occasione quello che mi colpì fu l’estremo riserbo della persona unito alla gentilezza e, soprattutto, la grande modestia in cui viveva, per scelta, la famiglia Berlinguer.