Rimaneva il problema della sezione , dato che nessuno concedeva un sottoscala, un buco qualsiasi, per avere un punto d’appoggio per riunirci e per tutto il resto. Una famiglia di Bagnara di quattro fratelli con genitori e sorelle, che stava a Tropea da alcuni anni, possedeva un magazzino dove lavorano vari tipi di ceste fatte di verghe giovani di castagno spaccate a strisce e intrecciate; siccome era una famiglia di compagni, ci facevano riunire lì, in un angolo , in mezzo a catasti di verghe di castagne e a catasti di ceste. Questa storia durò per qualche mese, ma non era possibile continuare in quella situazione.
Un compagno che faceva il capraio, (allora il latte si vendeva fresco e si girava con le capre casa per casa, oppure qualcuno che aveva le mucche faceva la stessa cosa), aveva uno scarazzo in un angolo tra due mura, di circa tre metri per quattro ci disse: “porca miseria, questa situazione non mi piace, adesso metto le capre nell’orto e facciamo la sezione in questo spazio. I compagni muratori ci sono, dobbiamo recuperare materiale quanto più è possibile; facciamo una colletta per poter comprare quello che manca e alziamo questo piccolo muro”; così facemmo. Quelli che eravamo in grado di contribuire in danaro lo facevamo, gli altri aiutavano i muratori e in quindici giorni circa alzammo il muro. Realizzammo un pavimento grezzo con un po’ di cemento e l’intonaco del muro alla meno peggio, con la copertura sotto tegole e così fu che realizzammo la sezione.
Io recuperai la porta, facendomela dare dal barone Naso, dove io avevo le api in una sua campagna. In questa campagna si trovava una baracchetta diroccata, una porticina di due metri per uno circa, ancora in discrete condizioni; inoltre mi feci dare delle tavole ancora in buone condizioni della stessa baracca e così arrangiammo un tavolo e uno sgabello lungo quanto il tavolo. Recuperata qualche sedia, realizzammo alla men peggio la sezione.
[…]
Nell’anno seguente vale a dire nel 1949, crescemmo ancora e logicamente quella sezione oltre ad essere piccola faceva pure schifo; non ci si poteva stare più. Decidemmo quindi di andare di nuovo alla carica per trovare un locale più adeguato alle nostre esigenze e più decoroso. Il problema era sempre lo stesso, se parlavi di comunismo parlavi del diavolo. Cercammo perciò di aggirare la cosa; infatti, quando ci presentavamo ad un proprietario di un locale invece di dire che ci serviva per il partito, dicevamo che ci serviva per la Camera del Lavoro. Nonostante ciò, la situazione restava sempre difficile perché nessuno abboccava; anzi, ci rispondevano: “sempre comunisti siete”.
Finalmente dopo un paio di mesi, dopo aver girato per tutti i vicoli di Tropea, un parente del compagno Bellantoni, dopo tante insistenze si decise a darci un locale in un vico, che tra l’altro teneva vuoto, pensando che si trattava sempre di camera del lavoro. Dal locale si entrava in una specie di sottoscala con un ballatoio e dietro una stanza abbastanza grande, circa cinque metri per cinque, un po’ buia perché prendeva luce solo dall’entrata e da una piccola finestra. Il proprietario la usava per tenerci un po’ di legna e carbone; perciò era in pessime condizioni; questo per noi non era un problema, visto che da uno scarazzo avevamo fatto la sezione.
Cosicché dei bravi compagni si misero sotto con la solita buona volontà e tolsero tutto il materiale e la sporcizia che c’era dentro. Raschiarono i muri per bene, prepararono un po’ di calce per chiudere i vari buchi, del cemento per riparare il pavimento che si presentava rotto e screpolato in diversi punti. Dopo questo lavoro e sistemati per bene, i compagni fecero una bella disinfezione con della calce e poi una pitturata bianca in modo da dare luce. Dopo tante lotte e peripezie, finalmente ci sentimmo soddisfatti e contenti, perché eravamo riusciti a risolvere il problema più grosso che avevamo davanti a noi. Adesso potevamo dire con gioia e con orgoglio di avere una sezione degna di noi. Anche il proprietario del locale, vedendo il suo locale da malandato e annerito che era, così bello e luccicante, non lo riconosceva più e si rallegrò e congratulò con noi.