La campagna elettorale per la consultazione del 18 aprile 1948 fu impostata in un’atmosfera di scontro: quasi due mesi di battaglie a suon di ingiurie, di falsità propalate e diffuse da tutti e in tutte le direzione. La corruzione raggiunse limiti mai registrati, sino a carpire il volto agli ignari e soprattutto alla povera gente del sud, in cambio di un chilo di pasta. Alla ricostruenda stazione Termini, auspice l’on. Bonomi, fu organizzata la mostra “dell’al di là”: si mostravano agli italiani foto dell’est europeo, che denunciavano le condizioni di povertà e miseria, che erano peraltro giustificate, tenendo conto delle condizioni arrecate dalla guerra nazi-fascista, terminata di recente. Invece, guarda caso, quelle zone erano in via di ricostruzione, mentre poi si appurò che le immagini esposte erano dell’“al di giù”: del meridione d’Italia. La Chiesa era stata capillarmente mobilitata con sermoni trasmessi dal Vaticano. E voglio qui ricordare il parroco della chiesa S. Francesco di Rieti (uno tra i preti onesti) il quale, la domenica precedente la consultazione, costretto a leggere dal pubblico l’esortazione a votare D.C. impostagli dalle autorità ecclesiali, dopo la cerimonia si portò all’uscita per esortare i fedeli: “Non votate D.C. Perché sarà la vostra rovina!”. Come noto, i partiti della sinistra, unitisi in un’unica lista “Fronte popolare” con l’effige di Garibaldi, ne uscirono sconfitti con poco più di un quarto dei voti validi, mentre la D.C. fu ancora il primo partito, ma con oltre il 50% dei suffragi. Euforia dei conservatori e della borghesia che non si aspettavano un risultato così clamoroso, anche se avevano riservato tutto il loro appoggio a quel partito: la carta stampata aveva raggiunto livelli impressionanti, i manifesti elettorali avevano raggiunto letteralmente le facciate dei palazzi, striscioni, scritte luminose e volantini per centinaia di milioni, mentre l’Italia aveva bisogno di ricucire le ferite inflittele dalla guerra, di case, scuole e di mille altre cose necessarie alla vita civile della comunità. Conosciuti i risultati elettorali, i compagni della Federazione comunista di Rieti vennero a trovarmi alla centrale di Cotilia per chiedermi: “Che succederà?”. Io ero convinto che l’attacco sarebbe stato rivolto al sindacato e all’unità della CGIL. Credo infatti che l’arma più forte che i lavoratori hanno, a qualsiasi orientamento politico appartengano, sia l’unità che debbono difendere per andare avanti verso nuove conquiste sociali.