Nel 1948 il Pci era nel Fronte del Popolo, lista delle sinistre, che aveva come simbolo la testa di Garibaldi. A me dispiaceva non avere l’età per votare e allora mi impegnavo molto nella propaganda. Ci chiamavano agitprop, un modo sprezzante per parlare di agitatori di propaganda. L’appellativo solo recentemente è scomparso, così come parlavano di comunisti trinariciuti, così anormali da avere tre narici. In risposta Giancarlo Pajetta inventò il termine forchettoni per designare i democristiani e i loro appetiti. Tutte le domeniche mattina uscivo presto di casa, prima delle otto. In Sezione trovavo altri compagni. Prendevamo pacchi del giornale l’Unità che andavamo a vendere per le strade e per le case (quanti piani di scale mi sono fatta a piedi!). Eravamo in gruppi di tre-quattro, con sul braccio sinistro il pacco, sventolavamo col braccio destro il giornale, proprio come gli strilloni, urlando l’Unità! l’Unità della classe operaia!
Ogni giorno in città c’era una manifestazione del partito o del sindacato per le lotte sociali. Eravamo tanti, entusiasti, avevamo fiducia. I miei, genitori e fratelli, fecero gli scrutatori o i presidenti di seggio. Con altri compagni giovani della sezione, due volte al giorno portavamo da mangiare ai seggi. La sconfitta elettorale fu disastrosa. Rispetto al 39,7% del 1946, il Fronte del popolo prese solo il 31%. La sconfitta si ripeté per le amministrative romane quattro anni dopo.
Non ci consolò cantare la canzone:
Mamme e padri dell’Italia
Vi ricordate quel 18 aprile
D’aver votato democristiani
Senza pensare all’indomani
A rovinare la gioventù.
Quasi tutte le sere andavamo in sezione per parlare, discutere, informarci. Era sempre affollata. Venivano anche persone non iscritte per chiedere un aiuto per trovare lavoro o una casa, consigli per lo studio dei figli.