Durante l’estate del 1958, sia mio padre che mia madre lavoravano. Inoltre, all’epoca avevano solo 15 giorni di ferie. Allora hanno deciso di mandarci in colonia con i figli dei dipendenti della CAMECA (dove lavorava mio padre).
Era una mega colonia, tanto per intenderci mi avevano assegnato il numero 1242 e non ero l’ultima. Era mista, mai i due sessi erano beninteso separati, ci incontravamo solo a pranzo e cena dove potevamo mescolarci e di tanto in tanto facevamo giochi in comune.
C’era un ragazzo biondo, tipico francese, pettinato a spazzola, che mi aveva preso in simpatia; veniva a sedersi vicino a me, mi chiamava “JOLIE RITAL” (prima volta che sentivo il dispregiativo di RITAL che vuol dire italianaccia).
La Colonia era in Normandia a Villiers e lì tutta felice di rivedere il mare mi sono accorta che non solo faceva molto freddo per fare il bagno, quasi bisognava indossare il cappotto, ma dovevamo rispettare le maree, un mare che si ritirava chilometri e chilometri e tutto d’un tratto ritorna vertiginosamente con onde che ti lasciano sulle spalle, quando non si impara a schivarle, dei bei segni blu.
Non era il Mar Tirreno, ma almeno era buffo.
Questa storia di maree l’ho sempre considerata magica. Come può la Luna, che è in cielo, influenzare una massa d’acqua che è in terra? Come un Capo orchestra che decide il flusso e il riflusso delle onde a piacimento.
Comunque è arrivata anche la fine della colonia.