Di fronte ad Amendola e a Germaine eravamo impacciati ed intimiditi. Parlammo di politica e del grande risultato delle elezioni e di altre cose. Ci tolse dall’imbarazzo proprio parlando di politica e ad un certo punto mi rivolse la domanda: “Quanto tempo è che sei segretario della Federazione?”. “Venti giorni” – risposi, aggiungendo: “Mi sembra di avere il mondo addosso in una provincia difficile, ma anche straordinaria. Temo di non essere all’altezza”.
“Ricordati che la prima caratteristica di un segretario è quella, prima di giungere alle decisioni formali, di ascoltare tutti, eppoi, attraverso la decisione degli organismi dirigenti operare con decisione”. Ricordati anche che quando ti fanno arrabbiare devi chiudere la porta e venire qui, e fare una bella passeggiata”.
Il primo saggio consiglio di Amendola ho cercato di metterlo in pratica, non so se riuscendoci , il secondo no. Compresi però una cosa precisa: che Amendola volle dire una cosa semplice ma di grande significato: che la politica deve essere “umana” che non deve diventare totalizzante. Per tre anni consecutivi da quella volta con mia moglie e alcuni compagni sono andato a Fiumaretta a far visita ad Amendola e a cenare almeno una volta con lui e con Germaine e andai anche a trovarlo in clinica nel mese di marzo dell’anno successivo, tre mesi prima che ci lasciasse, assieme a sua moglie.
L’ultimo suo comizio lo fece ad Avenza il 17 ottobre del 1979, per ricordare nel 350° Anniversario della scomparsa Gino Menconi che aveva conosciuto nella lotta clandestina contro il fascismo e che con lui conobbe il confino a Ponza.
Lo presentai io e non sapevo che quello sarebbe stato l’ultimo suo comizio.