Ma il 1948 fu soprattutto l’anno del “18 aprile”, della severa sconfitta elettorale subita dal “Fronte Popolare” (lista unica di PCI e PSI con il simbolo di una stella a cinque punte sulla quale campeggiava l’effigie di Giuseppe Garibaldi) e la conquista della maggioranza assoluta dei voti da parte della Democrazia Cristiana.
Il colpo per la sinistra fu durissimo: ci si aspettava un risultato molto diverso, se non proprio la vittoria.
A Botteghe Oscure venne perciò avviata una riflessione profonda sulle cause che avevano provocato quel risultato, e che doveva portare, seppure lentamente, ad un mutamento della strategia politica del PCI.
Vero è che le premesse per quella sconfitta si erano già evidenziate in Italia. L’anno prima, il ’47, c’era stata la rottura dell’unità antifascista costruita durante la Resistenza con l’espulsione dal governo dei ministri comunisti e socialisti; c’era stata la scomunica comminata ai comunisti (persino a chi leggeva soltanto l’Unità) da parte del papa Pio XII, ed ancora la forte pressione del governo USA perché il PCI fosse messo al bando in Italia, e la scissione del Partito Socialista a palazzo Barberini con la formazione del PSDI di Giuseppe Saragat.
Tutti avvenimenti, questi, che erano serviti a preparare il terreno a ché la campagna elettorale per eleggere il primo parlamento della Repubblica Italiana si trasformasse in uno scontro ideologico drammatico. E così fu. I muri di tutta Italia erano coperti da enormi manifesti (con illustrazioni del tipo “Domenica del Corriere”) dove si potevano vedere arcigni cosacchi, con la stella rossa sul berretto e il coltello tra i denti, abbeverare i loro cavalli nelle fontane di piazza San Pietro, oppure comunisti che volevano “mangiare i bambini”, vecchi con in mano la croce che tentavano opporsi all’avanzata dell’effige di Garibaldi, e su tutto l’appello rivolto agli italiani di votare per una scelta che poteva essere definitiva “o Roma o Mosca”.
La mobilitazione della chiesa cattolica fu totale, dalla curia vaticana ai parroci dei comuni più piccoli; si mobilitarono i Comitati Civici fondati per l’occasione dal professor Luigi Gedda, medico e presidente dell’Azione Cattolica, per quella che doveva essere, e fu, una vera e propria “crociata anticomunista”.
Le sinistre non si lasciarono, ovviamente, intimidire da questa campagna forsennata e cercavano di portare il discorso sul piano concreto della vera materia del contendere, e cioè le penose condizioni di vita e di lavoro delle grandi masse popolari che potevano migliorare solo cambiando il rapporto tra le “classi”, contenendo appetiti e profitti di “lor signori”, difendendo autonomia e indipendenza dell’Italia, dando rapida e completa attuazione alla Costituzione repubblicana appena approvata e promulgata con il concorso di tutte le forze democratiche e antifasciste.
La battaglia elettorale fu combattuta senza esclusione di colpi, in un clima di forte tensione, con gli strumenti di comunicazione al tempo disponibili, ma alla fine l’anticomunismo viscerale finì col prevalere e il risultato fu quello che abbiamo ricordato.