Anche negli ultimi anni della mia attività sindacale mi veniva spesso chiesto: – Perché Amintore Fanfani non esprime il suo pensiero condannando quei politici che stanno portando il paese verso il baratro? – Io, che non vedevo Fanfani da vario tempo, anche se avevo ricevuto le sue congratulazioni e il suo augurio in occasione dell’uscita di una mia pubblicazione, edita nel 1994 dalle ITEA di Anghiari, rispondevo sempre che – Amintore Fanfani, stante le sue precarie condizioni fisiche, pur continuando a discutere di problematiche politiche e sociali, nella sua veste di senatore a vita, non poteva mettersi alla testa di un partito che aveva perso la strada maestra della trasparenza e della correttezza. –
Anche per lui il tempo stava inesorabilmente passando e le sue possibilità di poter interferire in una deriva politica erano ormai nulle, anche se non mancava di ripetere: “non vi è peggior sordo di chi non vuol sentire!”.
Il grande statista aretino, cesserà di vivere nel 1999, lasciando nel dolore quanti avevano apprezzato la sua alta concezione della politica, lasciando un enorme vuoto nel mondo politico e sociale cattolico.
Chi era veramente Amintore Fanfani? Questa domanda me la sono posta in varie occasioni, con riferimento alla classe politica che stava già emergendo. Dalla mia piccola finestra avevo osservato e vissuto intensi momenti di passione politica, ma non potevo avere la presunzione di esprimere un giudizio sull’uomo, il politico, l’economista. In alcuni incontri che avevano per tema problematiche sociali locali e la contrattazione nazionale della mia categoria, avevo constatato che non era un demagogo, come alcuni affermavano. Si trattava di un politico realista, che guardava agli interessi nazionali, sempre e comunque tesi al bene comune, non disdegnando mai di far notare che tutti i lavoratori avevano gli stessi diritti, indipendentemente dagli interessi specifici delle varie categorie.
Conosceva la realtà del paese, le aspettative della gente più bisognosa. Preparatissimo in ogni settore, ascoltava in silenzio il suo interlocutore, specie nel contesto dei problemi sociali. Con risposte brevi, apparentemente ironiche, riusciva sempre a dare quelle soddisfazioni che raramente si riesce ad avere da un politico che conta. Senza promettere quello che non poteva fare, andava alla ricerca di iniziative, legate ad una visione di una società moderna, per cambiare il paese sotto l’aspetto sociale, economico e istituzionale. Andava indubbiamente fiero del suo primo successo sociale: il Piano INA-Casa, l’unico nella storia del nostro paese, che riuscì a dare un alloggio a centinaia di migliaia di cittadini, che mai avrebbero potuto avere un loro dignitoso appartamento.
Per la sua attività di statista e docente universitario è stimato e studiato in continuazione, non solo per la correttezza e la onestà della sua lunga attività, oggi portata ad esempio da tutti, ma essenzialmente per la profondità delle sue analisi, con riferimento alle partecipazioni e alla razionalizzazione del processo produttivo. Sono notissimi i suoi studi che hanno avuto per tema la dottrina sociale del cristianesimo e la concezione individualista del capitalismo, le cui pubblicazioni sono state tradotte in molte lingue.
A mio modesto parere era un uomo tutto di un pezzo, non facilmente coinvolgibile in affari o interessi che non avessero la dovuta trasparenza. In alcuni frangenti, era veramente un autentico botolo ringhioso” – espressione dantesca, che aveva riferimento agli aretini – può essere a lui riconducibile in tutti quei casi in cui si sentiva offeso, da amici o avversari, che tentavano di dare una interpretazione difforme al suo pensiero, in occasione dei suoi scritti o dei suoi interventi.