Organizzazione e operatività delle campagne elettorali erano guidate da Botteghe Oscure, in particolare dalla “Commissione Stampa e Propaganda” dove un nutrito gruppo di compagni, esperti in scienza e tecnica della comunicazione, lavorava senza sosta alla elaborazione, alla “invenzione” del materiale e degli strumenti per raggiungere “tutti” i cittadini elettori italiani.
Responsabile di questa commissione fu per un lungo periodo Giancarlo Pajetta, il famoso “Nullo” (nome di battaglia da lui scelto durante la lotta partigiana), noto per la sua arguzia e veemenza oratoria, e le cui geniali intuizioni contribuirono non poco ai successi elettorali del PCI.
C’era poi il problema della formazione delle liste dei candidati e della “scelta” di coloro che “dovevano” essere eletti. Anche qui l’ultima parola spettava a Botteghe Oscure. A differenza degli altri partiti, il ferreo rigidismo comunista e le rigidità del “centralismo democratico” semplificavano di molto le cose, anche se non mancavano difficoltà locali che venivano presto superate dalle indicazioni imperative che arrivavano dai vertici del Partito. La consultazione sulle liste era apparentemente ampia, il rituale rigorosamente rispettato: le assemblee degli iscritti, appositamente convocate, in tutte le sezioni del PCI erano chiamate ad esprimere il loro parere sui nomi indicati dalle istanze superiori (comitato centrale e comitati federali); si facevano proposte, quasi sempre aggiuntive, ma si riconosceva generalmente validità alle indicazioni che consigliavano “quelle” candidature e non altre, così come si recepiva la necessità di assicurare, attraverso l’espressione dosata e programmata delle “preferenze”, l’elezione di quei candidati che il centro riteneva indispensabili o meritevoli di rappresentare il Partito nelle istituzioni pubbliche. Bisognava garantire l’elezione non solo dei dirigenti e di quelli che meritavano per l’attività svolta un riconoscimento, ma anche di un certo numero dei cosiddetti “indipendenti di sinistra”, persone provenienti dalla società civile, non iscritte al Partito, note per la loro attività e posizione nel mondo della cultura, delle scienze, delle arti e che contribuivano a conquistare voti negli ambienti non di stretta osservanza di sinistra e favorivano il consolidarsi dell’immagine di un PCI “Partito nuovo”, profondamente radicato nella società (la propaganda avversaria non mancava di etichettare questi personaggi come gli “utili idioti” dei comunisti).