Da molti il 14 luglio viene ricordato, giustamente, perché ricorre l’anniversario della presa della Bastiglia a Parigi e dell’inizio della rivoluzione francese.
Molti giovani non sanno che in quello stesso giorno del 1948 a Roma un fascista fanatico di Adrano, Antonio Pallante, attentò alla vita di Palmiro Togliatti, segretario generale del PCI, all’uscita di Montecitorio.
Quattro colpi di pistola ferirono gravemente il leader comunista, che lottò per qualche giorno tra la vita e la morte.
Quattro colpi che portavano chiaramente il segno del più bieco anticomunismo, di una mano armata forse dalla CIA, del clima di esasperata contrapposizione generato dalla furiosa propaganda illiberale che la DC e la destra avevano continuato a diffondere, anche dopo le elezioni.
Massiccia e immediata fu la risposta dei lavoratori a quell’atto, certo sconsiderato, ma foriero di possibili tentazioni della destra di mettere a tacere l’opposizione. Si preparavano, infatti, i tempi per l’adesione dell’Italia al Patto Atlantico, che sarebbe avvenuta dopo mesi di dibattito nel luglio dell’anno successivo.
Lo sciopero generale in risposta al vile attentato, che altrove paralizzò il Paese, a Catania ebbe un “normale” esito, nel senso che si fermarono i servizi di trasporto in città e in provincia, vi aderirono i ferrovieri, alcuni gruppi dell’edilizia e delle poche industrie esistenti, folti gruppi di braccianti a Misterbianco, Paternò, Adrano.
Girammo per la città per osservare il grado di partecipazione e lo stato d’animo della popolazione; regnava una calma piatta.
L’indomani tutto era finito e la città era tornata al solito tran tran quotidiano. Eravamo incerti sul da farsi, quando arrivò, diffuso dalla radio e dalla stampa l’appello responsabile di Togliatti alla calma vigile, a non cadere nelle provocazioni avversarie ed evitare il peggio. Si temette l’intervento delle truppe americane.