Nell’unico locale della sezione si potevano seguire gli incontri del gruppo “Gramsci”, presieduto da Guido Piegari, un intellettuale rigoroso, chiamato “il papa”, per il suo deciso pontificare, dai suoi più giovani seguaci, tra cui Gerardo Marotta, ora Presidente dell’Istituto di Studi Filosofici, ed altri studiosi che si affermeranno in campo accademico e delle professioni, tra cui Calzenati, Leo Aloisio, Vitaliano Corbi, Vanni Allodi e altri; le lezioni del “Gramsci” erano tenute nell’aula “De Sanctis” dell’Università centrale e di alcune furono relatori Gerardo Chiaromonte, Giorgio Napolitano, Renzo Lapiccirella, Gaetano Arfé. I seminari di studio si tenevano in sezione intorno ai due tavoli uniti, quello del segretario e quello dell’amministratore, sotto un quadro a forti tinte con Stalin, in primo piano, Beria, in secondo, seguiti in dissolvenza da tutte le teste del politburo del PC dell’URSS. Si sviluppavano discussioni appassionate sulle origini del Risorgimento italiano, testi di studio: il libro di Adolfo Omodeo e le opere di Antonio Gramsci, di fresca edizione einaudiana. Il segretario politico della sezione, Luigi Coruzzolo, era un maestro pasticciere di “Caflish”, somigliava a Molotov, bassino, portava gli occhiali a “prince-nez” e un bastone che una volta vibrò forte sulla testa di un fascista in Galleria. Era un uomo deciso dal quale imparai alcune tecniche di propaganda, “il capannello”. Coruzzolo, nella parte dell’ignaro passante, si fermava a commentare un grosso foglio di carta, con la scritta “No alla legge truffa”, messo sul marciapiede di Via Chiaia da noi ragazzi e poi via di corsa per non essere arrestati, mentre lui restava ad “attaccare bottone” con i passanti incuriositi. C’erano, poi, in sezione alcuni operai che davano il tono di “classe”, Bartolo La Rocca, licenziato dall’OMF, D’Auria, autista ATAN e commerciante di rame, o’ rammariello, Crispino, operaio dell’ILVA di Bagnoli, Guarino, un giovane disoccupato che viveva solo con la madre, i cugini Gilardi, uno fabbro e l’altro garzone salumiere, con i quali la domenica diffondevo “l’Unità”; questa era l’area critica verso i “borghesi” della sezione, ma questi compagni non si sottraevano al fascino di un compagno come Vincenzo Calvari vecchio antifascista, già alto funzionario delle F.S. e padre di Claudio, un medico sempre a disposizione del popolo, con studio nella casa paterna di via dei Mille, 40.