Nasce ad Acqui Terme (Alessandria) il 18 giugno 1889 da Emilia Ferrero, donna moderna ed emancipazionista e Domenico, funzionario ministeriale colto, ateo e di simpatie socialiste. Seconda di sette figli, frequenta le scuole magistrali a Casale Monferrato e nel 1908 si trasferisce con la famiglia a Torino, dove lavora come insegnante; nel 1914 si iscrive alla Scuola di magistero. Nel 1918 prende la tessera del Partito socialista, dove segue il lavoro femminile ma ben presto si avvicina al gruppo dell’Ordine nuovo, accanto ad Antonio Gramsci. Nel 1921, con la scissione di Livorno, aderisce al Partito comunista e lavora nella redazione dell’«Ordine nuovo», curando la rubrica Tribuna delle donne. Nel novembre 1922 è delegata dal Pcd’I al IV congresso dell’Internazionale comunista, a Mosca e durante il viaggio si ferma a Berlino per una riunione del Segretariato femminile internazionale per l’Europa occidentale: qui conosce Clara Zetkin. Tornata a Torino si dedica alla riorganizzazione del partito, decimato dagli arresti del governo fascista, viene eletta in diversi organismi nazionali e federali e da questo momento entra a pieno titolo nel gruppo dirigente del Pcd’I. Nel 1924 lavora sia nell’ufficio femminile che nelle redazioni de «l’Unità» e del quindicinale
«Compagna» e quando viene allontanata da tutte le scuole del Regno diventa una militante clandestina con lo pseudonimo “Silvia”. Nel 1926, con il III congresso del partito, le viene affidato di riorganizzare la segreteria e mantenere i collegamenti col centro estero. Nel 1928 partecipa come delegata al VI congresso dell’Internazionale, a Mosca e da qui si trasferisce in Francia. Sostenitrice della linea definita della “svolta”, rientra clandestinamente in Italia per ricostituire il centro interno e nel 1930 è arrestata. Condannata dal Tribunale speciale a 15 anni e sei mesi di detenzione per ricostituzione del Partito comunista e propaganda sovversiva, sconta la pena prima a Trani (Barletta-Andria-Trani) e dal 1933 a Perugia; l’amnistia per il Decennale riduce la condanna a 5 anni da trascorrere al confino, trascorso in luoghi diversi sino al 1937, quando viene trasferita Ponza e poi Ventotene (Latina), dove ritrova numerosi compagni. In seguito a contrasti politici nel direttivo comunista del confino, agli inizi del 1943 viene espulsa dal partito assieme a Umberto Terracini. Liberata alla caduta del fascismo raggiunge le sorelle a San Secondo di Pinerolo (Torino) dove rimane fino alla Liberazione, in condizioni di salute molto precarie. Nel 1945 rientra a Torino dove incontra Togliatti che si adopera per farla riammettere nel partito. Con il V congresso del Pci, nel 1946, viene eletta negli organismi dirigenti nazionali e federali così come in quelli dell’Udi e della Federazione internazionale democratica delle donne. Consigliera comunale a Torino, è eletta deputata nella I e nella II legislatura. Pubblica due libri sulla storia del movimento femminile italiano (La donna italiana dal primo al Secondo Risorgimento, 1955; Breve storia del movimento femminile in Italia, 1978) e un’autobiografia (Diario di trent’anni 1913-1943, 1973). L’8 gennaio 1982 il presidente Sandro Pertini la nomina, prima donna nella storia della Repubblica, senatrice a vita.
Muore a Roma il 14 aprile 1988.