Ma nel suo animo era rimasta sempre l’avversione per «questa repubblica» e la esprimeva in maniera singolare incollando sulle lettere il francobollo a testa in giù.
G. MONTEMAGNO
Ottavia Penna nasce a Caltagirone (Catania) il 12 aprile del 1907, da una famiglia dell’aristocrazia locale che custodisce una tradizione di impegno politico.
Terzogenita di cinque figlie, la piccola Ottavia compie gli studi prima in casa e poi a Roma presso il Collegio di Trinità dei Monti. Rientrata a Caltagirone, si dedica alle attività assistenziali a favore dell’infanzia e sposa il medico Filippo Buscemi dal quale ha tre figli. Ottavia nutre profondi sentimenti cattolici ed un’altrettanto robusta fede monarchica, ma non si occupa di politica. La svolta avviene alla vigilia delle elezioni nel 1946 con l’adesione all’Uomo qualunque di Giannini: un approdo alla politica – come lei stessa ha sostenuto – «dovuto a un capriccio del destino».
Candidata alla Costituente, è eletta riportando un significativo successo: «Molto commentati i voti che escono dall’urna in favore della deputata qualunquista siciliana Ottavia Buscemi Penna. Guglielmo Giannini, con la sigaretta spenta tra le labbra, rientra nell’aula e salito al banco dove siede la candidata s’inchina a baciare la mano della signora, che il gruppo per una singolare affermazione di qualunquismo ha voluto designare alla suprema direzione dello Stato». Partecipa ai lavori dell’Assemblea Costituente senza intervenire. Il partito la candida, «l’unica donna qualunque», alle elezioni del primo presidente della Repubblica. La decisione è agli occhi di tutti una provocazione, data la fede monarchica della baronessa. Penna risulta terza dopo Enrico De Nicola e Cipriano Facchinetti. Unanimemente definita cortese e riservata, la deputata siciliana è una donna decisa a difendere le proprie idee: “Giovanna d’Arco”, l’appella il settimanale «Oggi» e presto la sua combattività diviene proverbiale, tanto che una caricatura dell’epoca la ritrae mentre passeggia in un giardino di Montecitorio «con il viso corrucciato e le mani sui fianchi come chi è perennemente sul piede di guerra».
Le rare biografie a disposizione sottolineano la sua posizione favorevole all’emancipazione femminile, ma Ottavia è ricordata estranea dalle costituenti. Angela Gotelli l’ha descritta come una distinta signora seduta sui banchi della destra, «con cui c’erano rapporti cortesi ma che non fece mai gruppo con noi». Una differenza che la escluse dal ricevimento offerto dall’Udi alle onorevoli parlamentari: «Di questa esclusione s’è parlato molto a Roma, essendo apparsa frutto d’una grave scortesia o – ancora peggio – d’una scorrettezza. La signora Cingolani, che un po’ s’atteggia a decana delle parlamentari democristiane, avrebbe detto a chi le chiedeva ragione del mancato invito alla signora Penna: “Una qualunquista? Mai tratteremo con le qualunquiste!”. Può darsi che la frase perentoria non sia stata di fatto pronunciata, ma l’avversione dei democratici cristiani per la signora Penna è abbastanza credibile» .
Un diverbio si verifica con l’anziana giornalista Ester Lombardo, anche lei dell’Uomo qualunque, che la querela per aver pronunciato parole offensive nel corso del congresso del 1947. Sembra che Penna chiedesse l’allontanamento di Lombardo dal partito «perché specialmente in Sicilia, dove era ben conosciuta, la sua permanenza nella carica non avrebbe fatto buona impressione». L’Assemblea Costituente nega l’autorizzazione a procedere non ritenendo provate le diffamazioni. La deputata rimane fedele alla monarchia e non esita a manifestare le proprie idee: «Sino a sfidare clamorosamente in un’occasione le autorità di polizia: nel corso di un comizio alle elezioni del 1948, la temeraria baronessa collocò lo scudo monarchico nella banda bianca del tricolore». Nel 1947 dissensi con Giannini indussero Ottavia Penna a dimettersi dalle file del movimento, per aderire all’Unione democratica nazionale. La rottura resterà “un libro chiuso” che ella non aprirà mai in pubblico.
Uscita dalla scena nazionale, si dedica alla politica locale venendo eletta con il Partito monarchico nel 1953 nelle amministrative di Caltagirone. Sensibile al tema dell’assistenza all’infanzia e ai giovani, Ottavia fonda a Caltagirone, con padre Quinci, l’associazione «La città dei ragazzi». Ottavia trascorre la sua vita nella massima riservatezza, muore a Caltagirone il 2 dicembre 1986. Nel 2008 il Comune della sua città ha posto in sua memoria una lapide sulla sua casa natale ed un’associazione porta il suo nome.