Un “prima”, un “durante”, un “poi”, che segnarono
il massimo del suo fulgore pubblico a ben ragione,
per la competenza, l’autorevolezza e il rigore
che lo contraddistinsero. Questi “prima”, “durante”,
“poi” sono dati dalla saggezza rispetto al
senso della storia; dalla fedeltà intransigente ai valori
dell’antifascismo e della Carta costituzionale;
dalla convinzione della non sostituibilità della militanza
politica e dello spirito di partito; dall’interesse,
direi dalla curiosità, rispetto alla società ricca
e multiforme dell’Italia, al crescere di generazioni
e di aspirazioni.
G. TEDESCO
Leonilde Iotti, Nilde, nasce a Reggio Emilia il 10 aprile 1920. Si diploma alle magistrali e, ottenuta una borsa di studio si iscrive, coerentemente la sua fede religiosa a Lettere e Filosofia dell’Università Cattolica di Milano, dove si laurea tra il 1942 e il ’43. Torna a Reggio, insegna in un istituto tecnico, poi è costretta a sfollare a Cavriago (Reggio Emilia) ma continua a lavorare in città. La cultura politica della famiglia, cattolica la madre, socialista il padre, e soprattutto la tragedia della guerra sono per lei, lo sono del resto per la sua generazione, all’origine dell’impegno politico. Ha contatti con la Resistenza e con i Gruppi di difesa della donna nel territorio. Le scelte del Pci nel 1944, con la svolta di Salerno, l’unità antifascista, la democrazia progressiva basata sull’alleanza tra le grandi forze popolari, la sostengono in un più deciso impegno. Sempre nel 1945 le viene affidata la presidenza dell’Unione donne italiane a Reggio, dove l’organizzazione conta più di 20.000 iscritte, ed entra nella Segreteria nazionale dell’Udi. Alle amministrative del 1946 è nelle liste del Pci come indipendente ed è eletta al Consiglio comunale della sua città, qualche mese dopo all’Assemblea Costituente. Sempre in quell’anno si iscrive al Pci. È nei mesi di lavoro alla Costituente che ha inizio la relazione con Palmiro Togliatti. La giovane aveva già visto ed ascoltato il leader comunista a Reggio, ma l’incontro, il coup de foudre, avviene in un ascensore di Montecitorio. Nilde è una donna di 26 anni, colta, elegante, timida, solare; Togliatti ha 27 anni più di lei, è sposato da molti anni con Rita Montagnana, hanno un figlio, Aldo, con problemi di salute che vive in Urss. L’unione tra Nilde e il segretario del Pci susciterà una severa riprovazione e molte critiche nel Partito comunista, molte sofferenze. Le critiche severe, la riprovazione hanno gravato a lungo su questa protagonista dell’Italia repubblicana, le sue qualità e virtù politiche, schiacciate dal privato, sono state sottratte alla storia. Intorno a sé Nilde Iotti avverte incomprensione e freddezza e da qui alla discriminazione il passo è breve. Nel 1950, dopo gli scontri di Modena del gennaio, la coppia adotta Marisa Malagoli, sorella minore di uno dei sei operai uccisi, già orfana di madre; costruiscono così quella che lei stessa definì “la strana famiglia”. Una scelta che non cancella la “macchia” del “concubinato” – come si diceva allora con disprezzo – e Nilde incontra molti ostacoli sul piano della sua affermazione politica nel partito. Solo nel 1956 è eletta nel Comitato centrale con un numero minimo di voti, e nel 1962 entra nella direzione nazionale, l’anno precedente le era stata affidata la Sezione femminile del partito. Diverso il percorso nelle istituzioni. Seppure non senza contrasti, ella è eletta alla Camera dei Deputati alla I Legislatura riconfermata nelle successive elezioni fino alle consultazioni politiche del 21 aprile 1996. I temi che ruotano intorno alla famiglia e ai diritti delle donne sono stati centrali nella sua lunga attività, è tra le promotrici della legge sul diritto di famiglia del 1975, della battaglia sul referendum per il divorzio del 1974 e per la legge sull’aborto del 1978. La questione morale e le riforme istituzionali sono un altro punto di rilievo della sua agenda politica, è anche nel 1969 presidente della commissione che indaga sulla P2 di Lucio Gelli. Viene eletta membro dell’Assemblea parlamentare europea. Nel 1979 è eletta presidente della Camera: è la prima donna in Italia a ricoprire questo incarico e nel discorso di insediamento non lo dimentica. Ricopre con equilibrio e grande autorevolezza la carica per tredici anni. Nel 1992 è candidata alla Presidenza della Repubblica; l’anno successivo è alla presidenza della Commissione parlamentare per le riforme istituzionali, nel 1997 viene eletta vicepresidente del Consiglio d’Europa. Il 28 gennaio 1998 tiene il suo ultimo discorso alla Camera, dedicato al progetto di riforma della Costituzione approvato dalla Commissione bicamerale. Lascia l’Aula il 18 novembre del 1999 a causa di gravi problemi di salute, accompagnata da un lunghissimo applauso. Muore a Roma il 4 dicembre 1999. I funerali, secondo le sue disposizioni, si svolgono in forma laica, circa 25.000 persone porgono il loro ultimo saluto, nella sala della Lupa, alla “regina di Montecitorio” come la definì Scalfaro.