La chiamavano tutti “la Biondissima” come se fosse
una vamp e non una delle deputate più preparate
che siano passate da Montecitorio.
J. JACOBELLI
Bianca Bianchi nasce il 31 luglio 1914 a Vicchio di Mugello (Firenze) da una famiglia che la educa agli ideali del socialismo. Orfana di padre, vive presso la famiglia materna, a dodici anni si trasferisce a Firenze, dove vive con la madre e la sorella. Frequenta le scuole magistrali con ottimi profitti, successivamente, nonostante i disagi economici, che cerca di alleviare dando lezioni private, si iscrive all’Università e nel 1939 si laurea con ottimi voti in Filosofia, Pedagogia e Storia, con Ernesto Codignola: la tesi verrà pubblicata l’anno successivo. Ottiene incarichi di insegnamento a Sestri, Genova, Cremona, le sue posizioni antifasciste le causano l’emarginazione e la costringono ad accettare il trasferimento in Bulgaria. Tornata in Italia nel 1942, nel 1943, tramite il suo maestro Ernesto Codignola, Bianca prende contatti con il Partito d’azione dove compie il suo apprendistato alla politica ed entra nella Resistenza. Dopo la Liberazione, Bianca lascia il Pd’a e aderisce al Psiup.
Nel 1946 è eletta al Consiglio comunale di Firenze; il partito, constatato il suo carisma, la propone capolista alle elezioni della Costituente, ma le reazioni contrarie presto si manifestano, così la giovane è sostituita con Sandro Pertini, ma, pur consapevole dell’ingiustizia subita, non si abbatte e svolge una ampia campagna: ben 116 comizi tra la provincia di Firenze e Pistoia. Il successo elettorale è straordinario, 15.384 voti, più del doppio di quelli raggiunti dal capolista Pertini. È nella fase della Costituente che nasce Ombretta, da un matrimonio presto conclusosi, e alla figlia la unirà nel tempo un profondo legame. Bianca, sebbene coltivi un profondo sentimento religioso ispirato all’insegnamento del Vangelo, conserva alla Costituente un orientamento laico, come testimoniano, tra l’altro, i suoi interventi sui problemi della scuola pubblica e dell’istruzione laica, tematiche sempre al centro dei suoi numerosi interessi negli anni a venire. Nel 1947, con la scissione di Palazzo Barberini, segue Giuseppe Saragat nel Psdi; nel 1948 è eletta nel collegio della Sicilia Orientale. Amica di Angelica Balabanoff, ne condivide l’aspirazione all’emancipazione femminile e il pessimismo circa la posizione arretrata dei “compagni” e del Paese; ha anche rapporti con alcune autorevoli figure del femminismo italiano. Negli anni Cinquanta, affrontando la questione dei figli illegittimi e la cancellazione dell’odiosa sigla N.N. sui documenti anagrafici, che riteneva essere «uno dei problemi più complicati», Bianca sceglie quali fidate collaboratrici Teresita Sandeski Scelba e Jolanda Torraca, esponenti di vecchia data del Cndi. In relazione all’asfittico contesto culturale del secondo dopoguerra, ai timori e alle preoccupazioni espresse dalla classe politica, la questione degli “illegittimi” toccava, oltre l’autonomia delle donne, la vita di molti bambini. Alla deputata socialista non sfugge la gravità che tale questione ha assunto e bene lo dimostra nel suo volume I figli di nessuno ricco di dati ed argomentazioni. La questione rimane a lungo priva di una radicale soluzione e si trascina per anni, come dimostra il fatto che soltanto nel 1955 è approvata una legge che abolisce dai certificati anagrafici la menzione della nascita illegittima. Nel 1953 Bianca Bianchi lascia la scena parlamentare e torna ad occuparsi di istruzione e scuola. Fonda la «Scuola d’Europa», un istituto modello che ha ad esempio il Villaggio Pestalozzi in Svizzera e altri istituti sperimentali di Freinet in Francia. Insieme alla politica, la deputata socialista coltiva altre passioni, tra queste la scrittura giornalistica; collabora con continuità a «La Nazione», con la rubrica «Occhio ai ragazzi» e quella saggistica e creativa.
Dal 1970 al 1975 è vicesindaco a Firenze. Trascorre i suoi ultimi anni a Vicchio (Firenze) dove muore il 9 luglio 2000.