Umberto Tanzilli nasce nel 1920 a Roccasecca in provincia di Frosinone, nel Lazio, dove, specifica, «nel 1225 era nato San Tommaso, dottore e maestro della Chiesa, dalla nobile casata dei conti di Aquino».
Dopo essersi trasferito con la famiglia nella vicina Sora, si trova a scegliere la scuola dove proseguire gli studi: tra l’istituto tecnico e quello magistrale presenti in paese, egli si orienta verso il primo, con il corso per geometri, considerato a lui più adatto.
Nell’estate immediatamente successiva al diploma – conseguito a meno di diciotto anni – lavora in fabbrica, nella vicina cartiera di Isola del Liri.
Seguono i difficili anni 1935-1936 durante i quali la sorella Iolanda si ammala di tifo e muore. Allo smarrimento che ne consegue, il diarista non riesce a far fronte neanche con la fede religiosa, che anzi alimenta il lui domande esistenziali di fronte alla caducità della vita. «Dopo l’amara lezione con la sorte», è la crisi economica a distrarlo dai problemi personali.
A seguito della scelta del regime di orientare le proprie mire verso l’Africa orientale, all’età di sedici anni Tanzilli si arruola come volontario e parte, facendo ritorno a Sora solo mesi dopo.
Presidente dell’associazione giovanile cattolica, alla morte del padre prosegue gli studi precedentemente interrotti per il conseguimento del diploma liceale indispensabile per l’iscrizione alla Facoltà di Ingegneria Elettrotecnica, che non abbandona neanche negli anni che seguono quando, dal 1940, dopo un breve corso a Nettuno, alle porte di Roma, viene nominato sottotenente e inviato in Sardegna. Fa ritorno a casa solo dopo l’8 settembre 1943 quando, da Cagliari arriva a Napoli e, da lì, finalmente a Sora.
Dopo la guerra diviene imprenditore, portando avanti, parallelamente, la carriera universitaria e l’attività politica.
Per lavoro si trasferisce in diverse città tra le quali Salerno, Paestum e in Cilento.
Nel 1950 conosce la donna che l’anno seguente diventa sua moglie, Aurora, nata a Roma nel 1928.
Le sue memorie, composte nel 1981, coprono un arco cronologico che va dal 1925 all’anno di scrittura e rendono conto dei numerosi spostamenti tra il paese d’origine, la vicina Sora nella valle del Liri, sino a Rimini, Cagliari, Capri e Napoli.
Il testo, dal titolo Una vecchia a Pontecorvo, è un diario autobiografico in terza persona e ha come protagonista Stelvio che, con i suoi racconti, ripercorre gli eventi storici, sociali e politici più significativi dell’Italia di quegli anni che si intrecciano con gli avvenimenti della sua vita privata, intima e familiare. Al suo interno, dunque, l’esperienza bellica vissuta in prima persona, la sua tanto attesa conclusione e l’inizio delle prime speranze in un paese non più straziato dalla guerra, il boom economico tra illusioni e delusioni, l’inserimento e la partecipazione attiva del protagonista nel mondo della politica sino al suo abbandono in favore dell’arte.