Giacomo Montemezzani nasce nel 1927 ad Agnadello, in provincia di Cremona, in Val Padana: «Torno indietro, e mi ritrovo là dove sono nato… nel 1927», in una cascina «sporca e malinconica, come tutte le cascine, miseria, bigottismo e fatiche sovrumane», scrive nel suo diario.
Partecipa attivamente alla Resistenza, prendendo parte alle attività di una banda partigiana, salendo sulle montagne dell’Oltrepò pavese.
Il trasferimento a Milano gli permette di inserirsi pienamente nel contesto del proletariato urbano del capoluogo lombardo che, una volta terminata la guerra, consente alla sua famiglia, composta da moglie e due figli, di vivere una vita tranquilla.
Anche nel periodo dell’Italia repubblicana prosegue l’impegno politico dell’autore in qualità di funzionario del Partito Comunista Italiano.
È il fondatore di una delle prime formazioni della sinistra extraparlamentare italiana: nel 1960 dà infatti vita, insieme ad altri, a un gruppo comunista autonomo, il “Gruppo proletario Luglio 60” del Lorenteggio e, come ricorda, il 17 maggio 1964 viene dunque per questo ricevuto direttamente a Pechino da Mao Tse Tung: «Colloquio pacato, senza effusioni, ma le questioni in discussione erano enormemente al di sopra della nostra statura».
Al suo rientro in Italia, prosegue il lavoro di camionista precedentemente avviato, che continuerà per i successivi quattordici anni.
Dopo la pensione si trasferisce in un rustico dell’entroterra ligure dove, nel 1990 fino al 2004 scrive la sua memoria (dedicata agli anni 1927-1970), a seguito delle richieste dei nipoti di raccontare loro «come vivevano e cosa facevano “gli antichi”», ricorda.
Nel 2005 il diario di Giacomo Montemezzani è tra gli otto finalisti del Premio Pieve Saverio Tutino.