Margherita Ianelli nasce a Marzabotto, in provincia di Bologna, il 12 aprile 1922. Ultima di una numerosa famiglia, rimane presto orfana di madre e viene affidata dal padre agli zii materni. Si ritrova così catapultata in un ambiente nuovo, che la percepisce come una bocca in più da sfamare.
Trascorre l’infanzia tra l’indifferenza degli adulti e la solitudine, lavorando in campagna e portando le mucche al pascolo. Quando è tempo di andare a scuola le cose non migliorano: pur dimostrandosi volenterosa, il poverissimo aspetto la condanna alla derisione dei compagni.
Abbandona gli studi e continua lavorare nei campi per gli zii, ma all’età di tredici anni, non sopportando la vita che conduce con questi, decide di tornare dal padre. La situazione che trova non è affatto migliore: il padre si è risposato e vive in misere condizioni. Per Margherita non c’è posto, e viene mandata a servizio presso la casa di una maestra.
Trascorre quindi qualche anno alternando il lavoro agricolo nel podere gestito dai due fratelli maggiori e il servizio come domestica in alcune case del bolognese. Si fidanza con Mario, anche lui contadino.
Nel frattempo l’Italia è entrata in guerra: Mario e i due fratelli di Margherita devono partire per il fronte; lei si ritrova a gestire da sola il fondo gestito a mezzadria.
8 settembre 1943: i tedeschi occupano metà della penisola. Le colline intorno Bologna sono piene di partigiani, che Margherita e Mario (nel frattempo sposatisi) appoggiano con riserva, dato che le razzie e gli attacchi ai tedeschi finiscono per ritorcersi contro i civili. È un clima di terrore: gli uomini validi, tra cui anche Mario, vivono nascosti nei boschi per paura di essere deportati; chi viene trovato armato viene immediatamente fucilato. Il 29 settembre 1943 l’evento più atroce: urla, spari, case in fiamme. Due boscaioli si rifugiano nella casa di Margherita: non riescono nemmeno parlare per lo shock. Quanto è accaduto sarà poi noto come la strage di Marzabotto: almeno 775 persone sono state massacrate dai nazisti.
Con la fine della guerra si giunge alla repubblica e al sistema dei partiti. Margherita resta legata alla tradizione cattolica, mentre il marito, trascinato dal cognato, appoggia il PC.
Il clima in famiglia non è sempre disteso: Mario infatti, descritto come di carattere piuttosto debole, si fa influenzare dalle malelingue che criticano la moglie quale persona poco seria. In verità Margherita, con la sua determinazione e dedizione al lavoro, riesce a portare avanti la gestione del fondo e a crescere i bambini che aumentano via via di numero (saranno sei in totale).
Durante gli anni del boom la famiglia resta legata alla coltivazione della terra, nonostante molti conoscenti decidano di abbandonare le campagne per cercare lavoro nelle fabbriche: Margherita infatti preferisce continuare a vivere di agricoltura per poter curare la famiglia. Inoltre il progressivo abbandono delle campagne ha liberato un gran numero di fondi disponibili a prezzo ribassato. In uno di questi fondi si stabilisce l’AGIP per cercare metano e questo dà modo a Margherita di guadagnare qualche soldo in più dando vitto e alloggio agli operai.
Con i figli finalmente cresciuti la donna può concedersi finalmente un po’ di tempo per sé: decide quindi di ritornare a scuola e prende la quinta elementare. Quindi, si iscrive in un istituto magistrale come privatista e a costo di grandi sacrifici e scontri con il marito riesce a completare il terzo anno.
A seguito del consiglio di un’insegnante, che la invita a mettere per scritto ciò che ha passato nella vita, Ianelli decide di scrivere un’autobiografia che viene stesa tra il 1991 e il 1993, pochi anni dopo la morte del marito per un cancro ai polmoni. Le ultime righe del testo sono proprio dedicate a lui, sebbene la loro non sia stata un’unione facile: Io l’ho vorrei ancora accanto a me, così com’era e mi manca tanto. Quando uno ha un gran freddo, serve anche un capotto rotto per coprirsi.
La memoria di Margherita Ianelli, che ha raggiunto l’Archivio Diaristico Nazionale nel 1995 ed è stata premiata come vincitrice del Premio Pieve l’anno successivo, è stata pubblicata prima da
Baldini e Castoldi con il titolo Gli zappaterra nel 1997, quindi dal Mulino (Quando la mia mente iniziò a ricordare, 2015).
Si è spenta nel 2011.