Lidia De Grada nasce a San Gimignano il 28 marzo 1920. Il padre, Raffaele De Grada, è un famoso pittore paesaggista; la madre, Magda Ceccarelli, è maestra elementare e scrittrice. Lidia è la loro seconda figlia: prima di lei, nel 1916, è nato il fratello Raffaele.
Nel 1929, dopo aver vissuto una decina di anni presso villa Giramonte, sulle colline di Firenze, la famiglia si trasferisce a Milano. Lidia inizialmente ha difficoltà a integrarsi nella nuova città: le manca la campagna di Firenze e le compagne di scuola la prendono in giro per il suo accento toscano. C’è un’altra cosa che la distingue dalle sue coetanee: non ha una divisa da “Piccola Italiana”, perché i genitori, convintamente antifascisti, non gliela comprano.
Per fare onore alla tradizione pittorica familiare, si iscrive al liceo artistico di Milano, anche se la pittura si rivelerà non essere il suo forte. Durante questi anni conosce varie personalità legate all’antifascismo: tra queste Ernesto Treccani, giovane pittore, proveniente da una famiglia di industriali del cotone di vedute progressiste. Il 27 novembre 1943, dopo un breve fidanzamento, Lidia ed Ernesto si sposano.
Si stabiliscono a Vanzaghello, alle porte di Milano, dove disegnano, scrivono e distribuiscono giornali e volantini clandestini finché non vengono scoperti dalle autorità di Salò e sono costretti a fuggire in Svizzera, dove rimangono per circa un anno aspettando la fine della guerra. Nel paese elvetico nasce il primo figlio della coppia, Giulio Garibaldi.
Nel dopoguerra Ernesto inizia a lavorare come giornalista per l’Unità, Lidia si iscrive al PCI e trova un impiego negli uffici provinciali di Milano dell’Unione Donne Italiane (UDI), dove si occupa della redazione e della distribuzione della rivista Noi Donne. Farsi accettare qui è difficile: Lidia è di famiglia ricca, e deve scontare un pesante pregiudizio nei suoi confronti. Non è mica tanto bello vedere le figlie di papà dietro le scrivanie dell’UDI, si sente dire da una compagna. Riesce comunque a farsi apprezzare e nel 1950, dopo essere stata nominata vicepresidente dell’UDI di Milano, partecipa ad un corso di formazione politica di cinque mesi organizzato dal PCI. Al termine del corso diviene responsabile nell’API (Associazione dei Pionieri Italiani), associazione legata al PCI e ispirata allo scoutismo.
Negli anni ’60 entra nella redazione del Giornale dei Genitori, un mensile dedicato alla cura e all’educazione dei figli, diretto da Gianni Rodari. Vi resterà per venticinque anni.
Alla vita di redazione affianca quella di politica e di amministratrice: nel 1957 entra per la prima volta nel consiglio comunale di Milano, venendo poi confermata nelle elezioni del 1960. Nel 1964 passa al Consiglio Provinciale. Nel 1970 viene eletta consigliere comunale al comune di Rozzano e viene nominata assessore alla scuola e ai servizi sociali. Svolgerà questo incarico per tredici anni consecutivi.
La sua autobiografia, intitolata Signora compagna, è stata scritta agli inizi degli anni ’90. Nel 1992 una copia dello scritto viene inviata all’Archivio Diaristico Nazionale. La memoria è stata pubblicata nel 1994 da Teti Editore.
Lidia De Grada muore nel 2005.