Tommasino Lamonaca nasce il 14 luglio 1946 a Roma, da emigranti pugliesi. Nel suo diario, Figli del dopoguerra, offre un interessante quadro delle condizioni di vita dei bambini della sua generazione: «Eravamo tutti figli del dopo guerra c’era molta miseria, si andava a scuola con le cartelle di cartone e le scarpe bucate», racconta.
La vita di Tommasino è caratterizzata da continui trasferimenti tra Roma e Canosa, il paese d’origine dei genitori, in Puglia, dove viene mandato per la prima volta nel 1956 insieme alle sue due sorelle, Lea, di sette anni e Anna, la minore. Dopo un lungo viaggio in treno, in compagnia solo dei «ciuccetti», piccoli pezzetti di stoffa ripieni di zucchero, i tre bambini raggiungono i nonni.
In un andirivieni tra il Lazio e la Puglia, le difficili condizioni economiche della famiglia e il desiderio di contribuire al suo sostentamento, in cerca di una stabilità finanziaria tanto agognata quanto difficile da raggiungere, portano il giovanissimo diarista a impiegarsi nei lavori più disparati: a Canossa egli lavora infatti la terra; a Roma è dapprima occupato come garzone in una bottega di Torpignattara, quartiere popolare della capitale, poi è operaio in un’azienda vinicola, nella quale si occupa di pulire i fiaschi e le bottiglie. Le esperienze professionali di Tommasino a Roma proseguono come muratore ed elettricista fino a che, attraverso l’aiuto di alcuni parenti, il padre ottiene un lavoro in un’officina bolognese. A seguito di tale novità, la famiglia trasloca nuovamente, con la sola eccezione di Lea, la sorella minore, che rimane a Roma, in collegio.
Nonostante le difficoltà sottese all’ennesimo spostamento, che costringono Tommasino ad abbandonare gli amici, la situazione, seppur per un breve periodo di tempo, sembra migliorare: il giovane, sempre occupato in diversi lavori, di carattere vivace e estroverso, colma presto il vuoto con nuovi incontri, che si sostituiscono ai precedenti.
Proprio quando la situazione sembra volgere al meglio, però, l’officina nella quale il padre è occupato fallisce trascinando via con sé la possibilità di una vita stabile a Bologna. All’età di quindici anni, dunque, il diarista è di nuovo in viaggio, diretto a Roma, con il desiderio di una propria famiglia, che esaudirà anni dopo, con una moglie e due figli.