«Io sono napoletano, non sono della periferia»: così Ettore Combattente, classe 1935, apre le sue memorie, significativamente intitolate Rosso antico. Alla periferia e ai quartieri di Napoli più disagiati Combattente ha però dedicato tutta la sua vita: dalla precoce elezione (appena diciottenne, nel 1953) a segretario di sezione del PCI, nel popolare quartiere di Miano, tra Scampia e Secondigliano, fino al quarantennale impegno tra le fila della CGIL.
Fra i ricordi, stimolati dalla curiosità del suo giovane omologo degli anni duemila, il segretario della sezione del PD di Miano, Ettore ritrova gli anni della precoce formazione a Chiaia – salotto buono della borghesia napoletana – e quelli tanto più intensi della periferia settentrionale, passando per la canonica scuola di partito delle Frattocchie, a Roma. Personalità di fascino come Renato Caccioppoli, il geniale matematico nipote di Bakunin, e i volti noti del comunismo partenopeo (Amendola, Sansone, Lapiccerella tra gli altri) sfilano in una successione di aneddoti di vita politica pienamente vissuta. Di tutti l’autore ricorda un dettaglio, talora davvero minuto, a sottolinearne l’umanità, l’arguzia, l’attenzione alla «questione meridionale».
Negli anni cinquanta i giovani militanti napoletani ripartivano il proprio impegno tra lo studio dei grandi teorici del pensiero comunista e l’impegno dal basso, per migliorare le condizioni di vita dei concittadini più svantaggiati. Il luogo d’incontro, dove tutto si discute e decide, dove talora si affaccia Amendola, dove passano ore e ore senza che nulla accada, è la sezione, con il suo arredo essenziale su cui svetta il quadro di Stalin.
«Non c’è stato un giorno» – scrive Combattente – «che al risveglio non avessi il pensiero fisso a qualcosa da fare che avesse una finalità sociale». La lotta per anni si concentra sulla situazione igienico – sanitaria dei quartieri periferici del capoluogo campano. Poi sarà la volta degli operai di varie fabbriche locali, e l’impegno sindacale diverrà per l’autore il modo migliore di interpretare la politica.
Alle piccole, grandi vittorie si alternano cocenti sconfitte: l’elezione di Achille Lauro a sindaco di Napoli rappresenta la peggiore débâcle del PCI partenopeo di quegli anni. Con la proverbiale ironia napoletana, Ettore ricorda il volantino, distribuito in ogni casa, con cui lui e i compagni avevano salutato il miliardario armatore in visita a Miano: Ccà nisciun e’ fesso. Le promesse elettorali, tradite dal neosindaco, non erano state dimenticate dalla gente.