Antonietta Chierici nasce nel 1947.
I suoi genitori vivono in una casa nelle campagne di Correggio, in provincia di Reggio Emilia e fanno i braccianti. La loro vita è scandita dai ritmi della campagna: la vendemmia a settembre, poi la zappatura dei terreni, la mietitura del grano a luglio, infine la trebbiatura e il raccolto del mais. La madre inoltre fa la mondina nei campi di riso.
Sono comunisti e si rifiutano di prendere la tessera fascista; il padre ha anzi preso quella del PCI, e la nasconde nella cassettiera, sotto le coperte.
La madre Evelina è istruita: ha la quinta elementare e per una bracciante del 1910, come scrive Antonietta nella sua memoria, era già un successo. Nel 1944 nasce il loro primo figlio, mentre nel 1947 nasce Antonietta.
Con la fine della guerra e l’arrivo della democrazia hanno inizio per i genitori di Antonietta le prime lotte sindacali per ottenere un miglioramento delle condizioni di lavoro, ma soprattutto per ottenere l’assegnazione delle tante terre incolte. Non sono panni semplici: chi manifesta viene spesso visto come sovversivo, e lo stesso padre di Antonietta finisce per alcuni giorni in prigione. Due sono i loro personaggi politici di riferimento: Palmiro Togliatti e la sua compagna, Nilde Iotti, emiliana come loro.
Intanto, nel 1953, Antonietta comincia ad andare a scuola, in una classe mista. Qui comincia a notare per la prima volta le differenze di classe: le compagne ben vestite, figlie di commercianti, sono ai primi banchi, mentre lei e gli altri che indossano vestiti troppo lunghi o troppo corti perché ricavati da vecchi capi riciclati, siedono in fondo. È però una brava studentessa, e riesce a guadagnarsi la stima della maestra. La mamma, inoltre, che vuole trasmetterle l’amore per la lettura e per lo studio, le regala l’abbonamento al periodico per bambini Il pioniere.
Sebbene i genitori non siano credenti, Antonietta viene mandata in chiesa e al catechismo. Qui, racconta, le viene insegnato che i comunisti sono fra i peggiori peccatori, e siccome i suoi genitori lo sono, decide di tenerlo nascosto, come un “intimo segreto”. Finite le scuole elementari, deve interrompere gli studi e cominciare ad aiutare la famiglia.
Intanto le condizioni di vita migliorano: la famiglia riesce a comprarsi prima un frigo, quindi una televisione, infine il padre costruisce da solo, a poco a poco, una nuova casa. Le donne dei paesi vicini, spinte da Evelina, fondano una cooperativa agricola che chiamano “La Golina”, che seppur a costo di notevoli sacrifici, riesce ad avere successo.
Con una maggior solidità economica alle spalle, Antonietta decide di riprendere gli studi: realizza il sogno del diploma superiore a 26 anni e, dopo il concorso, riesce a diventare insegnante elementare.
Evelina, sua madre, muore nel 2000, all’età di novant’anni. Antonietta, ormai in pensione, vive tuttora a Correggio.
La sua memoria, intitolata Mia madre: una donna dell’Emilia, è stata scritta per il concorso LiberEtà ed è stata consegnata all’Archivio Diaristico Nazionale nel 2005.