Per quel che riguarda altri lati del mio carattere, confesso che sono pigra… che possiedo la maggioranza dei peccati capitali, l’ira e la pigrizia, poi l’orgoglio e la gola. Mio figlio Gigi dice che mi mancano i due più brutti, cioè l’avarizia e l’invidia, e questo è vero.
T. NOCE
Teresa Noce nasce a Torino, il 29 luglio 1900 in una famiglia di modestissime condizioni economiche. Presto orfana di padre, lavora in un laboratorio di sartoria e fin dall’infanzia è orientata politicamente, tanto da prendere parte al famoso sciopero delle sartine. Frequenta la sezione socialista e manifesta idee pacifiste e internazionaliste che la portano a salutare con grande entusiasmo la rivoluzione d’ottobre, sull’onda delle grandi speranze suscitate dall’evento, nel 1921 si iscrive al Pcd’I. Svolge attività di propaganda tra i giovani, nel 1923 dirige «La voce della gioventù». Si dichiara contraria all’organizzazione di una specifica attività per le donne, voluta dalla maggioranza delle compagne più anziane: «L’altra grande discussione la ebbi con la federazione provinciale e, questa volta, appoggiata da tutta la sezione di Porta Palazzo. Le “cattedrali” come chiamavamo le vecchie compagne provenienti dal Partito socialista e non dalla Gioventù, volevano la ricostituzione delle Sezioni Femminili. […] Come sempre, e come sarebbe avvenuto anche in seguito, si scelse una via di mezzo, né carne né pesce, invece delle sezioni si fecero le commissioni femminili. Fu in quella occasione che mi scontrai con le compagne torinesi, conoscendole più a fondo: le sorelle Montagnana (Rita, sartina, buona, dolce, attiva, ed Elena insegnante, proveniente dalla Gioventù), Rina Picolato, anche lei sarta e proveniente dai giovani; Felicita Ferrero, un’impiegata intelligente e colta; Camilla ed Elena Ravera, due sorelle appena entrate nel partito ma già vecchie cattedrali come mentalità, anche se non provenivano dal Partito socialista (né dalla Gioventù); e altre ancora».
Nel partito conosce Luigi Longo, figura di primo piano tra i giovani comunisti, i due si sposano. Nel 1923, Teresa subisce il primo arresto, ma viene rilasciata per mancanza di prove; è poi nuovamente arrestata, incinta di pochi mesi. Affronta il parto, confortata soltanto dalla presenza di due sorelle Montagnana, Consolina e la socialista Clelia, le quali dopo averla curata e sostenuta, si preoccupano di trasmettere la notizia al marito rinchiuso nelle carceri di Torino. Il figlio, nonostante l’impegno richiesto, non la distoglierà dalla militanza: con Luigi Libero in braccio seguirà la campagna elettorale del 1924. Dalla famiglia la separeranno le dure vicende della clandestinità, una prova durissima: «Il giorno della partenza li accompagnai fino al Ponte Teresa […] e io vidi il berrettino verde di Gigi scomparire. Quando non lo vidi più mi sentii male, tanto che dovetti entrare in una farmacia e prendere qualcosa. Era la prima volta che mi capitava un fatto del genere». La rinuncia alla maternità è per lei, come per un’intera generazione di antifasciste comuniste, il costo più alto pagato alla politica. Ricercata dalla polizia per attività sovversiva, Teresa esilia in Francia, qui la rappresenta Francesco Maselli, nel suo Il sospetto uscito nel 1975, affidando la parte della dirigente comunista ad Annie Girardot. Successivamente Noce entra più volte clandestinamente in Italia, dove nel 1931 organizza lo sciopero delle mondine. Intanto ha un altro figlio, Putisc. Sempre in Francia contribuisce alla pubblicazione di «Noi Donne», dirige «Il Grido del Popolo», poi è in Spagna, con il celebre pseudonimo di “Estella” dirige alcune testate delle Brigate Garibaldi. Nel 1939 è di nuovo in Francia, nel 1939 è arrestata e inviata al campo di Rieucros, liberata va a Marsiglia. Genitori e sorelle di Yves Montand la sostengono nella clandestinità aiutandola a cambiare aspetto per sfuggire all’arresto.
In Francia è nel Maquis, nel 1943 è nuovamente arrestata, successivamente subisce la deportazione a Ravensbrück (Germania) e in altri campi.
Teresa rientra in Italia nell’estate del 1945 e si ferma a Milano dove riprende l’attività politica. Salvare l’infanzia diviene, in quel difficile frangente, la parola d’ordine largamente diffusa e condivisa nell’Udi. Così ha ricordato: «Pur non amando, come ho detto, il lavoro “femminile”, accettai di lavorare con le compagne per le donne, soprattutto perché c’era da risolvere, a Milano, un problema essenziale. Eravamo quasi alle soglie dell’inverno e di un inverno che sarebbe stato molto duro, forse più duro degli inverni di guerra trascorsi. I bambini di Milano, specialmente i più piccoli, erano in pericolo. Deboli, denutriti per le privazioni sopportate, come avrebbero resistito a un altro inverno di fame e di freddo? Noi, donne comuniste, cosa potevamo fare per i bambini di Milano, per i nostri bambini?». Le possibilità di intervento non sono molte, le risorse limitate, la scelta ricade sul coinvolgimento della Federazione di Reggio Emilia alla quale si chiede di preparare l’ospitalità per i bambini di Milano. È il primo passo. Le iniziative si ripetono per altre città e altri bambini. Sempre nel 1945 entra nel Comitato centrale e nella direzione del Pci, distinguendosi nella difesa dei diritti delle lavoratrici, svolge attività nel sindacato e nelle istituzioni.
Nel 1945 è nominata alla Consulta, poi è candidata alla Costituente, dove sarà eletta con 47.219 preferenze: «Una delle più note e belle figure del movimento femminile antifascista», la definiva «Noi Donne» presentandola alle lettrici in un’apposita rubrica dedicata alle candidate nazionali e locali. La dirigente si impegna in una vasta campagna elettorale: «Una faticaccia […] oltre a svolgere il mio lavoro di dirigente sindacale, avevo dovuto anche percorrere in lungo e in largo l’Italia per la campagna elettorale delle amministrative […]. Parlai dappertutto con la mia solita foga fino a perdere completamente la voce. […] passavo molte notti in treno e molti giorni in macchina, percorrendo paesi e città».
Dopo la Costituente, viene eletta alla I ed alla II Legislatura. Insieme ad una intensa attività parlamentare, (si ricorda la legge sulla madre lavoratrice del 1950) è segretaria della Federazione italiana operai tessili dal 1947 al 1955. Nel 1953 apprende dalle pagine de «Il Corriere della Sera» che il suo matrimonio è stato annullato dal Tribunale di San Marino; è ben consapevole che la scelta di Longo ha il sostegno del partito, ma non tace. Scrive una lunga lettera al giornale, poi si allontana dal partito mantenendo, incarichi nel sindacato. Già autrice di scritti a carattere autobiografico, la dirigente comunista nel 1974 pubblica un’autobiografia: Rivoluzionaria professionale.
Muore a Bologna il 22 gennaio del 1980. I funerali si svolgono con rito laico, presso i locali della Federazione del Pci cittadino.