Se dei rilievi si possono fare alla Rita è di essere stata molto modesta e di avere messo il partito al di sopra di tutto, anche nel campo degli affetti e della famiglia.
D. ERMINI
Rita Montagnana nasce a Torino il 6 gennaio 1895 da una famiglia socialista di salde tradizioni ebraiche, che impartisce alle figlie un’educazione improntata su principi paritari: «Mia mamma [Consolina Segre ndr] era una sentimentale: se siete innamorati, sposatevi! Eravamo molto emancipate: mia madre ci lasciava molto libere. Tanto che quando per sposarmi ho dovuto raggiungere il mio fidanzato a Lione e abbiamo vissuto insieme prima di superare delle formalità burocratiche, dopo due mesi mia madre mi ha scritto: “Sono passati due mesi. Se le cose vanno bene, rimani lì. Altrimenti torna in dietro, e la casa, la famiglia ti accoglierà sempre come prima”». Con la morte del padre, nonostante le discrete condizioni economiche, Rita all’età di quattordici anni intraprende il mestiere di sarta; ha inizio così il suo apprendistato politico: partecipa agli scioperi e si iscrive al Psi, al quale aderiscono le sorelle Clelia, Elena e il fratello Mario. Nel 1914-15 è segretaria del Circolo femminile socialista «la Difesa». Contraria alla guerra, partecipa ai moti del 1917 a Torino. Nel 1921 i Montagnana, esclusa la più anziana, Clelia, passano tutti con il gruppo ordinovista di Antonio Gramsci, al Partito comunista. Nel quartiere popolare di Borgo San Paolo nel quale vivono, i Montagnana stringono legami di amicizia con le altre famiglie comuniste trasformando la loro casa in un centro di dibattito che ha molte somiglianze con le strutture di base dell’organizzazione politica. Legami consolidati favoriscono la trasmissione della propaganda e nell’immaginario dei militanti assumono un valore anche sul piano simbolico:
Mi è rimasto impresso il fatto che una famiglia così numerosa fosse così compatta nel circolo socialista. Fratelli e sorelle erano quasi sempre insieme. «Arriva il gruppo Montagnana!», si diceva quando venivano. Mi ha fatto riflettere: se c’è tutta una famiglia intera che ha le stesse idee […] vuol dire che l’idea socialista è un’idea altamente umana. Questa è la prima impressione che ho avuto.
In questi primi anni di vita del partito, Rita collabora con Camilla Ravera alla costruzione del movimento femminile comunista e al periodico «Compagna»23. Nel 1924 sposa Palmiro Togliatti dal quale ha un figlio, Aldo. In clandestinità, nella veste di “fenicottero” compie diverse missioni in Italia; intanto Aldo, ancora bambino, è affidato all’Istituto di Ivanovo (Russia), creato per l’accoglienza dei figli degli antifascisti. Ricercata dalla polizia fascista, Montagnana emigra in Francia, in Svizzera e infine in Urss dove si impiega presso la Terza Internazionale e frequenta la scuola leninista di formazione quadri. Partecipa alla guerra civile in Spagna, poi rientra in Urss dove collabora alle trasmissioni di Radio Mosca. Torna in Italia nel 1944, si stabilisce temporaneamente a Napoli con il marito, inserendosi nel nuovo febbrile attivismo per la costruzione del partito nuovo, dove ha inizio un nuovo capitolo della sua biografia politica. La lunga esperienza ne fa uno dei personaggi più ammirati, le giovani osservano e apprezzano la sua disinvoltura.
Trasferitasi a Roma, la dirigente si impegna nella costruzione dell’Udi – di cui sarà presidente fino al ’47 – e del Comitato pro voto. Il 10 febbraio del 1945, intervenendo nell’Aula Magna del Liceo Visconti, afferma: «Largo dunque fin da oggi alle donne nei posti di Governo, largo alle donne nell’Assemblea Costituente, largo alle donne nelle Amministrazioni comunali; giusta retribuzione del lavoro femminile; tutte le vie del lavoro e del sapere aperte alle giovani». Su quella “conquista” tornerà al I Congresso nazionale dell’Udi, che si tiene a Firenze nell’ottobre del 1945: «Attraverso la campagna per il voto, che l’Udi ha iniziato fin dal suo sorgere, si è realizzata l’unità completa di tutte le organizzazioni femminili italiane».
È eletta alla Costituente con 68.722 voti di preferenza: è un successo straordinario. A quella data Rita ha circa cinquant’anni, la relazione con Togliatti finisce. Sono anni difficili, ma la dirigente non interrompe subito l’attività politica: il suo è un lento uscire, un’emarginazione imposta dal partito. Si impegna nella campagna elettorale del 1948, ed è eletta alla I e alla II Legislatura al Senato; non trascura l’Udi mettendo in guardia dai rischi del settarismo:
«La Udi ha fatto una politica settaria e opportunista, in molte provincie alla vigilia del 18 aprile era sfasciata. Si sono persi numerosi elementi dei gruppi di difesa, numerose compagne fra le migliori sono rientrate nella “routine” della vita familiare, hanno abbandonato o quasi l’attività sociale e politica. Non vi è stato reclutamento di forze fresche e giovani. L’attivo femminile, salvo rare eccezioni, alla vigilia del 18 aprile era composto di donne dai capelli bianchi. Rare le giovani, quasi nessuna dai 25 ai 40 anni. […] Vi è stato anche da parte dei compagni dirigenti, salvo eccezioni, una enorme incomprensione verso il lavoro femminile. Si sono tagliate le ali, si sono demoralizzate, umiliate anche le compagne migliori, più qualificate, con un ottimo passato di partito».
Dal 1958 torna a Torino, dove si dedica alle cure del figlio affetto da disturbi nervosi.
Muore a Torino il 17 luglio 1979. Le esequie, che radunano centinaia di persone, si svolgono presso la federazione del Partito Comunista Italiano.