Si stava avvicinando il 2 giugno – giorno per andare alle Urne e decidere se l’Italia voleva la Monarchia o la Repubblica. Le siepi rampicanti di edera erano diventate le fornitrici di simboli con cui noi ci addobbavamo per le manifestazioni pro Repubblica. Si girava per strada con corone d’edera, con collane d’edera, con edera all’occhiello, era un mondo che si tingeva di verde. Un giorno su di un tragitto in camionetta, (al posto degli autobus – allora vi erano molte camionette) stavamo stipati Peppino Patroni Griffi, Mario Ferrero e io, in mezzo a loro. Dopo un pò sali una dama che si sedette proprio davanti a noi, imprecando con finezza contro i repubblicani che facevano “gazzarra”. Io prima guardai la spilla di grande valore fatta a nodo Savoia, che ostentava sul petto, poi la guardai negli occhi e le sparai una frase terribile, una frase uscitami da chissà quali meandri delle mie viscere in subbuglio. Una frase che chiariva il concetto di una mia visione eroticoapocalittica che avevo avuto sulla dama e sul nostro re. Una frase che fece arrossire e allibire per lo stupore e lo choc i miei due amici e che lasciò sbalordita anche me stessa che pur l’avevo pronunciata. È chiaro che non posso qui ripetere quella frase detta in un momento storico così passionale e importante. La dama, semisvenuta, scese alla prima fermata. Anche la Monarchia scese dall’Italico autobus e nacque la Repubblica Italiana. Quante feste, quanta gioia, quante speranze… ma purtroppo, quanta fame!