in relazione a quella degli uomini
Nel corso del Novecento, complessi processi strutturali e culturali hanno prodotto slittamenti e rotture della linea di demarcazione tra sfera pubblica e sfera privata definite, secondo una consolidata costruzione di genere, la prima al maschile e la seconda al femminile. Tali trasformazioni, tra l’altro, hanno portato una visibile e problematica presenza delle donne nella dimensione politica, roccaforte maschile per eccellenza. Un percorso che vede, con il conseguimento del diritto di voto e di rappresentanza, una significativa svolta che suscita allarme e paure. Rappresentazioni caricaturali, stereotipi negativi e limitanti hanno accompagnato e dato forma all’ingresso delle donne nella scena politica concorrendo a ribadire consolidati modelli di genere. Il 1946, anno di fondazione della Repubblica italiana e della prima andata alle urne delle donne, costituisce un osservatorio privilegiato per studiare questi aspetti.
L’ingresso delle donne nelle istituzioni è senz’altro uno dei temi che ha maggiormente contribuito alla costruzione di un discorso pubblico volto ad individuare, attraverso diversi congegni linguistici e visivi, una marcata differenza di genere nel gruppo parlamentare. Una differenza che, passando per il commento estetico, si sarebbe presto traslata in un delegittimante giudizio qualitativo del loro operato politico. Data l’importanza dell’estetica nella definizione delle identità politiche, il continuo riferimento ad elementi apparentemente frivoli e svilenti caratterizzanti la donna, in seguito anche l’uomo politico, suggella di fatto la tendenza di rappresentare il ceto politico utilizzando un filtro visivo e soffermarsi sulle apparenze per attribuire un valore non solo ai soggetti ma anche al loro impegno.
Nell’intento di offrire materiali di riflessione e di elaborazione, questa sezione del sito mira a offrire alcuni degli esempi più significativi di tali rappresentazioni.
Ai primi del Novecento: qualche esempio.