ho sempre lavorato nel sindacato, perché dovevamo incominciare a produrre nell’agricoltura, formammo l’UDI e spiegavamo alle donne cos’era il nostro compito. E così siamo andati avanti. Nel ’52 mi mandano in Calabria, a Catanzaro, a fare la campagna elettorale, ci stetti 6 mesi, nonostante tutto mi trovai bene ed ero ben voluta, ma c’era da voltare pagina. Quando venni a casa, il compagno Cortesi, segretario della Camera del Lavoro, mi mandò a Faenza alla CGIL, ci sono stata 3 anni, sono stata molto bene e un ben giorno mi dicono: “Ida a Lugo viene la Clara Signori e tu vai a Lugo”, “A fare cosa Lugo?” “A dirigere l’UDI”. Allora vedo la Clara Signori e le chiedo: “Clara dov’è la sede dell’UDI?”. Lei mi risposte in modo gentile ma orgoglioso “E’ nel Palazzo dello Sport”.
Io mi ero fatta un castello. Il 1° marzo del ’53 allora vengo a Lugo e due donne, non ricordo chi erano, mi portarono nella sede dell’UDI, non era una sede, era una cucina smessa con tante sedie, tanti tavoli, tante damigiane e tanto cattivo odore di olio bruciato. Mi misi a piangere e dissi che tornavo a casa. Allora telefonai alla Iole Fenati, la nostra Dirigente Provinciale, dicendole la mia intenzione di tornare a casa raccontandole il fatto. Intanto mi diede l’ordine di vendere tutta quella robaccia e a me diedero un altro ufficio. Non è finita qui. L’UDI non esisteva, esistevano la Lina Tavalazzi e Valdo Magnani che erano stati fidanzati […]. A un certo momento penso di rivolgermi a delle donne anziane, oltre sessantenni e le andavo a trovare casa per casa e le spiegavo cosa dovevamo fare. E con loro organizzavo le riunioni di caseggiato e così piano piano abbiamo fondato l’UDI, la distribuzione del giornale “Noi Donne” e pian piano riuscimmo a fare un po’ di UDI.