Perugia, come del resto tutta l’Italia, fu invasa da oratori di ogni partito. Si ascoltarono decine e decine di discorsi che furono una grande novità; il popolo italiano non era ancora abituato all’ascolto aperto delle libere opinioni, per cui allora i comizi furono avvenimenti importanti; la gente, anche la più umile, era ansiosa di capire, di rendersi conto: si risvegliava da un lunghissimo sonno opprimente ed era ghiotta di sapere.
Gli oratori repubblicani e socialisti che giunsero in città da mezza Italia, furono sempre ospiti a casa nostra; ne vennero una quantità e si passarono insieme serate bellissime e animate.
In quel periodo il babbo invitò a Perugia Ernesto Buonaiuti per una serie di conferenze da tenersi nell’Aula Magna dell’Università per gli Studi. Il Professore stava attraversando un momento di grave sconforto: forse il peggiore, dopo vent’anni di speranze, il più umiliante. Perché purtroppo anche l’Italia liberata non osò sottrarsi all’ingiunzione della Santa Sede che, in base al Concordato fascista, pretese per lui la continuazione dell’interdizione all’insegnamento.
Quando Buonaiuti arrivò in città il pubblico, foltissimo ad ogni suo appuntamento, rimase avvinto e conquistato dall’eruditissima eloquenza e l’eleganza unica della sua esposizione. Anch’io ebbi l’onore di ascoltarlo: era un incantatore.