Verso il mese di ottobre del 1956 si è verificato un avvenimento di importanza mondiale.
Le truppe sovietiche erano alla soglia dell’Ungheria.
Le suore, tutte le sere ci facevano ascoltare la Radio Vaticano. Eravamo tutte in piedi, in rigoroso silenzio, davanti alla radio che trasmetteva messaggi terrificanti. Più i giorni passavano più i messaggi diventavano angosciosi. Come una sinfonia che man man và crescendo per culminare in un colpo di cembalo. Non capivamo nulla di quel che succedeva, almeno io, sapevamo solo che gli avvenimenti erano gravi. Una mattina, la Madre Generale, mi ha chiamata nel suo ufficio dove mi aspettava la ragazza Jugoslava. Ci siamo rivolte uno sguardo interrogativo e timoroso. La madre ci ha detto che avremmo indossato il vestito della cerimonia che le suore stavano preparando, messo il velo lungo (quello per le occasioni eccezionali) e ci avrebbero condotte al Duomo.
Come sempre avevo l’impressione di essere un pacchetto che si sposta a piacimento. La mia amica ed io ci siamo trovate nella navata centrale del Duomo, sole; io davanti, lei più lontana, in ginocchio, con il velo lunghissimo disposto ad arte, con le navate laterali gremite di gente anch’essa in ginocchio, che invocava “salvate l’Ungheria !”.
Sono rimasta in ginocchio con il freddo del marmo che mi penetrava nelle ossa, ero diventata anch’io una statua di marmo, pregando e invocando “salvate l’Ungheria” con tanto fervore con tanta sincerità che Dio avrebbe dovuto salvarne almeno due. Ma l’Ungheria non è stata salvata.
Sono stata sicura che la cerimonia sia stata se non filmata almeno fotografata! L’unica circostanza di cui ero certa era che stavo vivendo un momento storico,;.
*Piu’ tardi mio papà e’ venuto a trovarci, era una bella giornata, ma chissà perché mi sono impedita di essere felice. Quando i miei genitori si incontravano non era mai un buon segno. Avevo imparato ad essere diffidente, ormai il tarlo del dubbio aveva fatto il nido.