Antonina Azoti nasce il 15 aprile 1942 a Baucina, in provincia di Palermo. Ha solo quattro anni quando il padre, dirigente sindacalista, viene ucciso dalla mafia: «Dormivo e già sognavo, quando spari improvvisi mi fecero trasalire: mi ritrovai seduta in mezzo al letto nella stanza buia e grida strazianti mi ferirono le orecchie e il cuore», scrive in apertura del suo diario rievocando quella tragica notte del 21 dicembre 1946. Gli anni che seguono sono contraddistinti dal dolore della perdita e da gravi difficoltà economiche, di cui lo Stato non si fa carico. Tale precarietà costringe la madre a inviarla in collegio, unica soluzione per consentirle la prosecuzione degli studi.
La vita di Antonina prosegue. Nel 1957 si trasferisce con la madre e il fratello maggiore a Palermo. Nel 1961 consegue il diploma magistrale e qualche anno dopo, nel 1967, vince il concorso che le permette di essere immessa in ruolo come insegnante di scuola elementare. Nel 1969 si sposa a Palermo.
Ad accompagnare i suoi successi è però il desiderio di riscattare l’immagine del padre che, secondo i compaesani, «Si putia fari i fatti so», «morto ammazzato», erano soliti ripetere ogni qualvolta si accennava a «quella» disgrazia, perché «Aranci, aranci, cu li fa’ i guai si li chianci». Convinta, dunque, che quella «memoria non poteva e non doveva rimanere un fatto esclusivamente privato e personale», nel 1992, in occasione del ricordo del magistrato Giovanni Falcone, rivendica pubblicamente la morte del padre per mano della mafia, restituendo in questo modo dignità a un uomo che aveva perso la vita per i diritti dei lavoratori: «La mafia non uccide solo ora, la mafia uccide da sempre. Ha ucciso anche mio padre, Nicolò Azoti».
Il diario di Antonina Azoti, Ad alta voce, ha vinto nel 2004 il Premio Pieve dell’Archivio Diaristico Nazionale ed è stato pubblicato nel 2005 dall’editore Terre di mezzo con il titolo Ad alta voce.