Alle elementari la maestra incoraggiò il mio spirito di iniziativa in tal senso lasciandomi fare tutto ciò che volevo: non c’era bisogno di spingermi a studiare perché tutto ciò che mi circondava mi interessava.
La scuola era per me un gioco ed ero assai triste se non potevo andarci, mi piacevano indistintamente tutte le materie tranne “lavoro” perché non ero stata allevata come una “bambina”, ma come un essere umano, e quindi non sapevo assolutamente fare tutti quei lavoretti come cucito, maglia, ecc. in cui eccellevano invece le mie compagne. Loro in compenso non solo non sapevano arrampicarsi su un albero o correre e saltare con me, ma non sapevano neanche cosa fosse nella storia dell’evoluzione dell’uomo il pollice opponibile e quanto fosse stata rivoluzionaria la scoperta del fuoco.
Tra me e le mie compagne cittadine non ci fu quindi mai comprensione o possibilità di dialogo e perciò tanto meno amicizia.