Già da un anno lavoravo in una fabbrica del settore chimico, avevamo organizzato il Sindacato tra gli operai che erano in maggioranza donne. Il 1° maggio, festa dei lavoratori venne organizzato con una semplice parola d’ordine “Pane, Lavoro e Pane”. Con questa nostra festa stavamo rientrando in possesso anche di tutti i nostri elementari diritti che il regime fascista aveva annullato.
Il paese aveva riconquistato la democrazia e, per suo tramite, ora potevamo conquistare per tutti una società più giusta e una vita più degna d’essere vissuta. […]
Si levò allora, prima timido e poi corale e alto, l’inno dei lavoratori e poi “Bandiera Rossa”. I più anziani intonarono, sull’aria del “Nabucco” l’antica canzone “Vieni o maggio, ti aspettan le genti, ti salutano i liberi cuori, dolce Pasqua dei lavoratori, dove splende la gloria del sol…Innalziamo le mani incallite e sian forza di pace feconda, noi vogliamo redimere il mondo dai tiranni dell’ozio e dell’oro…”.