Quella volta tornarono a casa per evitare la celere, ma l’avrebbero incontrata pochi giorni dopo durante il corteo del loro paese. Era stato programmato per il giorno di mercato, perché così ci sarebbe stata più gente e loro volevano farla sentire la loro protesta, doveva arrivare fino alla città, fino a Roma, se anche molti altri paesi di altre province avessero seguito il loro esempio e per questo scopo si univano donne e uomini anche dei paesi vicini. Mia madre era davanti assieme alle altre sue compagne: le donne dovevano stare davanti per fare da scudo agli uomini che stavano dietro in quanto si pensava che se fosse arrivata la celere non avrebbe mai “smanganellato” le donne e gli uomini avrebbero potuto fuggire. Il corteo era numeroso, avanzava per le vie del borgo principale cantando e gridando gli slogan, le donne suonavano i campanelli delle biciclette che conducevano a mano, pronte ad essere inforcate per scappare. Molte persiane si aprivano e la gente si affacciava curiosa, qualcuno le chiudeva e qualche negoziante abbassava la saracinesca nel negozio per paura di danni. Mentre si avvicinava alla piazza, ai lati sui marciapiedi, si infittiva la gente che osservava, c’erano i vecchi braccianti che sorridevano del coraggio di quei giovani che sfilavano e gli avversari che sogghignavano verso quelle donne maritate con figli: “Svergognate, sarebbe meglio che se ne stessero a casa”.
Appena il corteo svoltò l’angolo della via che dava sulla piazza del mercato si videro arrivare dal fondo nella parte opposta le camionette della celere: -“Scappate!” – gridarono subito le donne agli uomini e mia madre con il cuore in gola inforcò la bicicletta e tornò indietro a cercare con lo sguardo il figlio maggiore che era tra di loro. […]
I poliziotti della celere con i manganelli e i cinturoni in mano cominciarono a rincorrere gli uomini che scappavano cercando di colpire i più rivoltosi e quelli conosciuti come i capi del movimento operaio. Uno l’avevano accerchiato sotto il portico, loro erano in tre e lo bastonarono in testa, tanto da procurargli una ferita che gli venne medicata con sette punti di sutura. Un altro lo cinghiarono con il cinturone carico di proiettili e, riconosciuto come uno degli attivisti, lo accusarono di aver fatto cadere il berretto ad un carabiniere e in seguito scontò della prigione.