Il corso fu inaugurato alla fine di marzo da Arturo Colombi che tenne un discorso in cui ci invitò a lasciare dietro le spalle i pensieri della casa e della famiglia per dedicarci allo studio e alla nostra formazione nel collettivo con anima libero. Ci annunciò anche che il corso sarebbe durato cinque mesi e non tre, come avevano detto in un prima tempo. Colombi ispirava una grande fiducia ed aveva tutte le carte in regola per parlare del Partito come una specie di “ENTITA’ SUPREMA” che andava messa davanti a tutto. Era un “rivoluzionario professionale”(così si era definito al Tribunale speciale quando gli domandarono quale era la sua professione) condannato a diciotto anni di carcere. Il carcere era stato la sua Università. A questa fermezza di rivoluzionario accompagnava una carica di umana simpatia e una grande generosità. È rimasto celebre il suo atteggiamento in carcere quando cedeva la sua coperta al giovane Giancarlo Pajetta. Al Regionale lombardo aveva portato un elemento di equilibrio e di rispetto, all’interno del Partito, delle regole democratiche. Ad esempio non sopportava che ci fossero del compagni che, durante gli scioperi, si sentivano autorizzati a staccare la corrente elettrica per impedire a tutti di lavorare. Aveva un grande spirito di classe.
Il libro autobiografico che scrisse porta un titolo emblematico “Nelle mani del nemico”.