Carlo Rossi nasce il 5 maggio 1924 a Brembio, vicino Lodi, da una famiglia contadina. È il secondo figlio: due anni prima è nata la sorella Antonietta.
Il papà, Giovanni, è di fede socialista, e i fascisti del paese lo sottopongono a continui soprusi che talora sfociano in veri e propri pestaggi. L’anno successivo alla nascita di Carlo, indebolito nel fisico e nello spirito, Giovanni muore colpito da un attacco di polmonite fulminante. Rimasta vedova, la moglie Angela decide di abbandonare il casolare che condivide con gli ex suoceri e si trasferisce a Casalpusterlengo, dove trova lavoro in una filanda.
Nel 1930 la filanda entra in crisi e si trova costretta a licenziare venti lavoratrici, tra le quali la Angela. Impossibilitata a pagare l’affitto, la famiglia viene sfrattata, e per un periodo di tempo viene sistemata dal Comune sotto il porticato della caserma dei pompieri. Il destino si accanisce sulla famiglia Rossi: poco dopo lo sfratto, mamma Angela si ammala gravemente e viene ricoverata in ospedale, lasciando così soli i figli. Antonietta viene inviata in un istituto per orfane, mentre Carlo, dopo un periodo vissuto tra la casa degli zii e l’ospedale, viene inviato al collegio “Padre Beccaro” di Milano. Accudito dalle suore dell’istituto, inizia un periodo più sereno: cresce, studia e prende la licenza elementare. Quindi torna a Casalpusterlengo e va vivere con la madre, che nel frattempo è stata dimessa dall’ospedale. Sebbene sia ancora un bambino, trova lavoro come operaio in una fabbrica che lavora il legno.
Nel settembre del 1939, a quindici anni, emigra assieme ad un gruppo di giovani italiani a Monaco di Baviera. Lavorerà per quattro anni nelle fabbriche della BMW come tornitore, e intanto imparerà il tedesco, diventando l’interprete per i tanti italiani impiegati nella città bavarese.
Rientra in Italia nell’agosto del 1943 con più di un milione di lire di risparmi, che migliorano nettamente le condizioni di vita della famiglia. Nel 1944 arriva la cartolina precetto da parte dell’esercito della Repubblica Sociale, ma riesce ad evitare l’arruolamento trovando lavoro come interprete per i tedeschi: prima nel genio ferrovieri, quindi a Piacenza, dove la Wehrmacht ha costruito un enorme magazzino di pezzi di ricambio per i veicoli militari.
Finita la guerra, lavora come impiegato amministrativo presso l’impresa Lagorara, che gestisce gli scali merci della stazione di Milano Smistamento. Nel 1949 viene trasferito alla stazione di Milano Centrale, quindi allo scalo Farini.
Nel marzo del 1951 si sposa con Luisa, con la quale ha una figlia l’anno successivo: Giovanna Maria.
Scontento del lavoro agli scali ferroviari, riesce a farsi assumere negli uffici di Milano della società siderurgica Dalmine, migliorando considerevolmente la vita familiare.
Durante le ore libere frequenta assiduamente le ACLI, per le quali organizza serate ricreative, in particolare teatrali. Allena inoltre la squadra di calcio dell’oratorio di Casale.
A partire dagli anni ’60 inizia a dedicarsi attivamente alla politica, diventando in breve tempo Segretario della DC di Casalpusterlengo. Ricopre vari incarichi: consigliere comunale, consigliere d’amministrazione dell’ospedale di Casalpusterlengo, consigliere provinciale.
Arrivato all’età della pensione si toglie lo sfizio di qualche viaggio: Israele, Thailandia, Russia, Svezia, Stati Uniti, Egitto. Tra tante soddisfazioni, una delusione: non veder coronato il suo sogno di entrare a far parte del consiglio di amministrazione della Scala di Milano, dove non viene eletto per una beffarda manciata di voti.
Scrive la sua lunga autobiografia sul finire degli anni ’90. Nel 2000 il testo ha raggiunto l’Archivio Diaristico Nazionale.