Togliatti parlò a Bergamo nel 1954, bisognava fermare il riarmo atomico. Rivolse un appello ai cattolici. A Parigi i partigiani della pace lanciarono la petizione per chiedere l’incontro dei quattro grandi. Picasso disegnò la colomba. Gli obiettivi che ci demmo per la raccolta delle firme furono ambiziosi.
Un programma di caseggiati e un comizio di apertura e uno a chiusura della campagna.
L’impianto di amplificazione lo prestava gratis il fratello di Zavota, radiotecnico, il palco, poi, lo creammo noi, facilmente trasportabile per spostarci da un punto all’altro del quartiere con una “carrettella” per i “comizi volanti”: un tavolo, e due assi ai lati, tra i quali stendevamo un panno rosso, per salirci, poi, bisognava sforzarsi un poco per tirarsi sul tavolo. La compagna Chiariello, responsabile dell’UDI, una robusta e piacente trentenne, fu accolta con simpatia e ammirazione, aveva una gonna stretta e aderente che fasciava bene le sue forme, il compagno dal palco le stese la mano, lei l’afferrò, alzò il ginocchio e l’appoggiò al tavolo e con un balzo sali, uno strappo e la gonna si scuci, ma seppe tenere un discorso appassionato, calorosi gli applausi e gli sguardi dei compagni.
Poi venne l’onorevole Vincenzo La Rocca, questore della Camera all’epoca dei tafferugli per l’ostruzionismo contro la legge truffa (in quell’occasione pronunciò un discorso che durò otto ore, un’altra volta a Nola sfidò Giovanni Leone, candidato DC, facendo un comizio in piazza parlando in latino, e fu applaudito con entusiasmo dal popolo). Era avvocato ed era stato in contatto con l’antifascismo, tramite il soccorso Rosso, assunse la difesa dei militanti comunisti incarcerati dal regime di Mussolini. Lui vantava un impianto teorico rigoroso, non inficiato da influenze del culto di Stalin, a casa aveva una raccolta delle opere di Lenin, in lingua francese, pubblicate dalle Edition Social negli anni trenta, che lui mostrava con le pagine sottolineate, a riprova dello studio attento e rigoroso. Su Lenin, con lui, non si scherzava, non c’era in Italia uno più dotto di lui sull’argomento. Arrivò quel giorno, tirava vento e minacciava pioggia, il nostro palco era in mezzo alla strada, il drappo rosso strappato dal vento si staccava dalle puntine, Vincenzo La Rocca guardò e domandò se proprio lui dovesse parlare da quel “bancariello”, Gioffré, che gli era vicino, non glielo fece manco finire di dire e gli ricordò che Lenin parlava da una botte. L’onorevole La Rocca non mise lingua, in questo caso, e invece parlò, da par suo, dal “bancariello – botte” sul movimento per la pace, sulla minaccia atomica, ma ad ascoltarlo eravamo in pochi, tirava vento e piovigginava.