Istruzione, formazione, rigore. Ma non solo. Il Partito assicurava protezione e certezza di riferimento sicuro nella “lotta di classe” che conosceva sempre momenti di asprezza, di difficoltà, anche di pericolo; chiedeva però in cambio dedizione quasi assoluta, e soprattutto obbedienza alle direttive. Furono in tanti, dalla fine degli anni ‘40 fino a tutti gli anni ‘60, ad abbandonare il proprio mestiere, le professioni, a lasciare fabbriche, campi, università, per dedicarsi a tempo pieno all’attività politica, per fare i “funzionari di partito”, per essere, come si diceva allora, “rivoluzionari di professione”. Possiamo ricordare, solo per fare qualche esempio, che Giovanni Berlinguer è anche medico, come lo è Aldo Natoli, Giorgio Napolitano, che sarà poi Presidente della Camera dei Deputati e Ministro degli Interni, è avvocato, Gerardo Chiaromonte era ingegnere; molti erano stimati docenti nelle scuole superiori o nelle Università, come Alessandro Natta, squisito latinista, o Renato Zangheri insigne professore di storia nell’Ateneo Bolognese.
Tutte persone che per qualità e preparazione avrebbero potuto aspirare a brillanti carriere nella loro specifica professione e che invece lasciarono tutto per dedicarsi interamente alla attività politica.