Mi iscrissi al PCI nei giorni che seguirono la disfatta del Fronte Popolare del 18 aprile 1948. Mi iscrissi a Brescia, per ragioni sentimentali, nonostante che da alcuni mesi mi fossi trasferito a Milano dove lavoravo alla redazione dell’Unità. Capii che non potevo più attendere, che i tempi ricominciavano ad essere duri e che ognuno avrebbe dovuto consapevolmente prendere il proprio posto. Anche se c’erano dei dissensi.
La sconfitta del Fronte era giunta come una mazzata, perché in molti ci eravamo illusi che il sole dell’avvenire stesse definitivamente per sollevarsi su questa nostra amata Italia. Avevo seguito e partecipato con passione alla grande campagna elettorale, anche con indignazione quando gli avversari ricorrevano a mezzi sempre più bassi. Ricordo ancora i manifesti dei Comitati civici della DC, in cui si raffiguravano mostri rossi che trucidavano i bambini; oppure quello, firmato addirittura da Guareschi, che diceva: “Nel segreto della cabina, Dio ti vede, Stalin no!”. Guareschi, del resto, era un esperto, perché ancora nel 1940-41 si era esercitato in campagne anticomuniste, allora al soldo del partito fascista e dei suoi giornali.