Ferdinando Turchetti nasce a Badia al Pino, frazione di Civitella in Val di Chiana (Arezzo), il 16 gennaio 1926. È il quinto di sei fratelli.
Nel 1935 la famiglia si trasferisce ad Arezzo. Il padre, legato all’associazionismo cattolico, riesce per qualche anno a non iscriversi al fascio; quindi, vista l’impossibilità di trovare lavoro, deve cedere. Presa la tessera del PNF, trova lavoro presso l’ANAS locale.
Allo scoppio della Seconda guerra mondiale Ferdinando è troppo giovane per essere arruolato, ma due dei suoi fratelli vengono mandati su due diversi fronti: Antonio in Africa, Silvio nei Balcani.
Per un po’ la vita di Ferdinando prosegue abbastanza serenamente, nonostante la guerra: studia, frequenta i circoli cattolici, gioca a calcio nelle giovanili dell’Arezzo. Nel maggio del 1943 avviene però un evento tragico che cancella ogni residua spensieratezza: il fratello Antonio muore in Tunisia, colpito da un attacco aereo alleato. È proprio Ferdinando a dover dare la tragica notizia al resto della famiglia, avendo ricevuto la notizia per primo, da un amico.
Diplomatosi presso un istituto tecnico industriale, trova lavoro alle Poste come addetto al telegrafo Morse. Vi rimane fino al maggio del 1943, quando l’intensificarsi dei bombardamenti sulla città e soprattutto la ferma volontà di sfuggire alla chiamata alle armi della Repubblica Sociale lo convincono a fuggire sulle colline intorno ad Arezzo assieme all’amico Dino. Trova rifugio nella zona di San Severo, dove vivono altri renitenti e famiglie sfollate, e durante i mesi in clandestinità entra in contatto con varie formazioni di partigiani. Rifiuta di unirsi a loro perché li ha visti più volte mettere a rischio la popolazione locale con azioni avventate.
Il 14 luglio 1944, a pochi giorni dalla liberazione, un nuovo evento tragico: i tedeschi in ritirata compiono una strage nella zona di San Polo e l’amico Dino viene ucciso. Ferdinando, che è riuscito miracolosamente a scappare, ne è devastato.
Dopo la liberazione di Arezzo orna a lavorare per le Poste, diventando col tempo amministratore, quindi Economo Provinciale.
Alla carriera professionale affianca l’attività politica e sindacale: inizia a partecipare sin dal 1944 alle riunioni dalle quali muovono i loro primi passi la DC e la CGIL unitaria di Arezzo. I problemi che il sindacato manifesta a livello nazionale si manifestano però anche a livello locale, vista la convivenza non sempre entusiasta tra la componente comunista e quella cattolica.
Nel 1949, entrato definitivamente in crisi il rapporto unitario nel mondo sindacale, è uno dei promotori della scissione che dà vita prima al Libero Sindacato e quindi alla CISL.
Nel 1950 conosce Natalina, che sposa quattro anni dopo. Da questa unione nasceranno tre figli.
A partire dal 1956 viene eletto, per tre mandati consecutivi, consigliere comunale di Arezzo tra le file della DC; nel corso del terzo mandato deve però dare le dimissioni per sopraggiunta incompatibilità tra incarichi politici e attività sindacale.
Anche da pensionato continua a collaborare con la CISL, occupandosi prevalentemente di temi socio-sanitari.
Appassionato di scrittura, ha pubblicato vari libri di storia locale. La sua autobiografia, intitolata Dal sogno di una festa al dramma della libertà, ha raggiunto gli scaffali dell’Archivio Diaristico Nazionale nel 2007.