Matilde Cestelli nasce nel 1912 da una famiglia della buona borghesia romana. Il padre lavora in Vaticano e cura l’amministrazione dell’Istituto per le Opere Pie di Religione; la madre proviene da una famiglia di decaduta nobiltà. Matilde ha quattro fratelli, due maschi e due femmine.
Dopo la prematura morte del padre, avvenuta nel 1927 a causa di una polmonite, i Cestelli si ritrovano in ristrettezze economiche e sono costretti ad affittare le stanze della casa e lo studio paterno. Per lo stesso motivo Matilde deve abbandonare la scuola una volta ottenuta la licenza media.
Continua però a studiare da sola, e dopo qualche anno trova una figura di riferimento in Camilla Moretti, che diviene la sua insegnante privata e la spinge a interessarsi di politica. Camilla Moretti è una convinta antifascista che riceve e distribuisce giornali clandestini e con il suo lavoro riesce a instillare in Matilde un sentimento critico verso il regime. Questo la contrappone, seppur non apertamente, al resto della famiglia, che è invece convintamente fascista.
Durante la Seconda guerra mondiale Matilde trova lavoro come segretaria presso lo studio di un avvocato che, dopo l’8 settembre 1943, chiude bottega: è di idee antifasciste e Matilde, tramite lui, entra in contatto con varie personalità della Resistenza romana, tra cui Giuseppe Glingler. Viene subito coinvolta: batte a macchina articoli del partito Giustizia e Libertà, stampa copie di giornali clandestini, aiuta Giuseppe Glingler a creare documenti falsi, lavora come staffetta. Col suo comportamento attira qualche sospetto: la polizia fascista effettua indagini sul suo conto che rimarranno fortunatamente senza esito.
Il 16 ottobre del 1943, dalla finestra del palazzo di famiglia che confina con il ghetto, Matilde è testimone della deportazione degli ebrei romani. Sconvolta dalla scena, si mette a piangere. Mentre le lacrime le scorrono sulle guance, per obbedire alla voglia di gridare e di piangere si mette a intonare, in piedi su una sedia, la Marsigliese.
Finita la guerra trova impiego presso il Comitato Nazionale Pro Vittime Politiche, nato con lo scopo di dare assistenza a coloro che, durante il regime, erano stati danneggiati e colpiti; l’amico Giuseppe Glingler ne è segretario generale. Intanto entra in contatto con il Partito Repubblicano, del quale prende la tessera nel settembre del 1945. Lavora per la segreteria del partito e viene candidata alle elezioni amministrative di Roma del marzo del 1946; pur non risultando eletta, rimane entusiasta dell’esperienza.
Poche settimane dopo viene inviata dal partito nel collegio elettorale di Salerno, Avellino e Benevento per fare propaganda a favore della Repubblica per il referendum istituzionale e per sostenere l’avvocato Ugo De Mercurio, candidato – risulterà eletto – all’Assemblea Costituente. Altro ricordo indelebile nella mente di Matilde sono i giorni a cavallo tra il maggio e il giugno del 1949, quando viene invitata dalla direzione del partito a tenere un ciclo di comizi a Trieste, in vista delle elezioni amministrative che si sarebbero tenute nella zona anglo-americana.
Cestelli continua a lavorare per il Partito Repubblicano per qualche anno, diventando la segretaria personale dei futuri deputati Giovanni Conti e Aldo Spallicci. A poco a poco, però, svanito l’entusiasmo dei primi anni, decide di concludere la sua partecipazione alla politica attiva.
Sposatasi, continua a vivere scrivendo su giornali e riviste e facendo traduzioni dal francese per la case editrici UTET e Curzio. È autrice, inoltre, di diversi libri di fiabe per ragazzi.
La sua autobiografia è pervenuta all’Archivio Diaristico Nazionale nel 1988. Nel 1990 è stata pubblicata con il titolo La Fontana delle Tartarughe dall’editore Serarcangeli.