Anna Maestri nasce a Mantova nel 1924, da Toni e Mariarosa Botti. La madre è una ragazza benestante di Ferrara, il padre è di Mezzolombardo, in provincia di Trento, ed entrambi hanno lasciato le loro città per andare a studiare recitazione a Torino, agli inizi del ‘900 capitale del cinema italiano. Al momento della nascita di Anna i genitori hanno una loro compagnia teatrale, la “Compagnia di prosa dei Maestri”, con la quale viaggiano per l’Italia. Anna li segue fino a quando compie sei anni, quindi, nel 1929, si stabilisce a Trento con la madre che, rimasta incinta per la seconda volta, ha dato l’addio alle scene. Lo stesso anno nasce il primo fratello di Anna, cui viene dato il nome di Cesare Fabio Damiano; nel 1933 nasce il secondo, Giancarlo.
Nel 1937 la madre, a soli 33 anni, muore: la nonna materna si trasferisce nella casa familiare per aiutare a crescere i bambini. Quando anche la nonna si ammala però, è Anna a dover abbandonare la scuola per aiutare a crescere i fratellini. Non si spegne però la sua passione per il teatro: in casa tutti i giochi infantili sono dedicati alla rappresentazione di scenette o opere, e assiste a tutti gli spettacoli del locale Teatro Sociale. È in una di queste serate che Anna parla con il regista Ettore Giannini che le consiglia di iscriversi all’Accademia di Arte Drammatica di Silvio D’Amico, a Roma.
Si prepara all’esame di ammissione con l’aiuto di suo padre e riesce a superarlo: è il 1942, e Anna inizia i suoi studi di recitazione a Roma con tanto entusiasmo e voglia di imparare. La guerra si mette però presto di traverso: l’8 settembre del 1943, con la resa dell’Italia agli Alleati, il paese si trova diviso in due; in quel giorno Anna si trova a Trento con la famiglia, e non le è più possibile tornare a Roma all’Accademia. Nello stesso mese il padre, antifascista, viene arrestato per sovversivismo; riesce però a scappare e a portare la famiglia con sé prima a Bologna, quindi a Pavignane, ora frazione del comune di San Felice sul Panaro, in provincia di Modena, dove fonda una piccola compagnia teatrale chiamata “La Sfollata”. La famiglia si esibisce in un vecchio teatro, che viene usato anche come fienile.
Nel marzo del 1944 tornano in Trentino, ad Aldeno, dove tutta la famiglia “si arruola” nelle file partigiane: Anna nasconde le armi tenendole in casa, Giancarlo fa da staffetta, Cesare combatte. È un periodo di fame vera: per mantenersi il padre adibisce un granaio a teatro, dove vengono messe in scena imitazioni, canzonette e addirittura pezzi di satira politica. Il pubblico paga il biglietto con patate, uova, lardo.
Terminata la guerra, Anna torna a Roma ed inizia la sua vita da attrice professionista. Debutta ufficialmente nel 1945, recitando nella commedia Un matrimonio tranquillo, 400 lire al giorno. Sempre nello stesso anno ha delle parti nelle commedie Sogno di una notte di mezza estate al Teatro Quirino e in Spirito allegro, dove recita al fianco di Dina Galli. Tra il 1946 e il 1948 recita in vari teatri facendo la spola tra Roma e Milano. I lavori però non sono ben pagati e Anna vive piuttosto miseramente. La sua seconda casa è l’Arlecchino di Roma, un locale che diventa uno dei luoghi di ritrovo preferiti dagli artisti romani: Anna ci si esibisce spesso in cambio di un pasto caldo.
Negli stessi anni si avvicina al comunismo, grazie anche all’amicizia che la lega al giornalista Felice Chilanti, e nel 1948 prende la tessera del PCI. Allo stesso anno risale la sua partecipazione più significativa nel mondo cinematografico: il regista Giuseppe De Santis la scrittura infatti per una parte nel film Riso Amaro. È dura recitare sempre con i piedi nell’acqua putrida delle risaie, e con la collega Silvana Mangano colgono l’occasione di una pausa delle riprese per improvvisare una gita a Milano. È il 14 luglio: arriva la notizia dell’attentato a Togliatti. Viene indetto uno sciopero generale e anche le riprese del film si fermano ancora per diversi giorni.
Durante gli anni ’50 e ’60 continua a lavorare, alternando la recitazione a teatro con quella cinematografica. Nel 1971 il padre la raggiunge a Roma e insieme aprono una scuola di recitazione.
Nel 1974, assieme al fratello Giancarlo e ad alcuni colleghi, allestisce spettacoli teatrali in denuncia della dittatura militare di Pinochet e in ricordo del presidente Salvador Allende e del poeta Pablo Neruda, morti nel settembre del 1973 a pochi giorni di distanza l’uno dall’altro. Sempre nel 1974, si impegna attivamente nella campagna referendaria per il divorzio.
Il diario che l’attrice ha tenuto a lungo finisce alle soglie degli anni ’80, mentre continua a lavorare a teatro, nel cinema e in programmi radiofonici RAI. Il testo raggiunge l’Archivio Diaristico Nazionale nel 1986, con il titolo Maestri si nasce.
Anna Maestri si spegne il 4 marzo 1988 a Trento.